Ispirata da un ventennio di tournée delle prime tattooed ladies, delle quali abbiamo parlato nella prima parte di quest’articolo, la seconda generazione fiorisce intorno all’inizio del Novecento. Negli anni Venti il mercato delle donne tatuate inizia a saturarsi. Molte vengono scritturate dai circhi ma lasciate nell’anonimato sugli apparati pubblicitari, perché ormai ce ne sono talmente tante che è possibile fare una rotazione stagionale. Quelle che riescono a imporsi hanno evidentemente qualcosa in più. Spesso provenienti da disastrati contesti rurali americani, a volte figlie di immigrati, tutte con nomi di battesimo che sembrano usciti da una canzone di Johnny Cash, queste donne sono destinate a diventare proto–pin-up consce della propria immagine, esperte in pubbliche relazioni e matriarche di grandi famiglie di traveller.Molte volte sono loro a decidere i soggetti dei loro tatuaggi. Modernizzando le immagini devozionali cristiane e proponendo la mitologia laica delle star, le donne tatuate contribuiscono a delineare la contemporanea iconografia sacra del tattoo.Le storie di finzione commerciale raccontate dai loro imbonitori cambiano, influenzate dall’esplosione delle ideologie di amore romantico e di riscatto che proliferano sui grandi schermi. Il cinema è destinato a strappare al circo la palma della più popolare fabbrica di sogni, ma è anche vero che le storie d’amore di queste ragazze sono molto importanti nelle loro vite, e spesso, con i loro colpi di fulmine, le fughe di redenzione, le famiglie allargate, le devozioni, i matrimoni plurimi degni di Liz Taylor e le morti tragiche, risultano più romanzesche di qualsiasi sceneggiatura hollywoodiana.
Alla fine di questa nostra storia delle donne tatuate, vedremo come alcune di loro impareranno l’arte e inizieranno a fare tatuaggi a loro volta.
ARTORIA GIBBONS _ La Santa Diva II
Anna Mae Burlington nasce nel 1893, in una famiglia di immigrati norvegesi che vive sotto la soglia di povertà. Passa l’infanzia in una fattoria del Wisconsin, assieme ad altri sette fratelli. In cerca di una vita migliore, i Burlington provano a spostarsi nello stato di Washington, ma il padre muore di febbre tifoide. A quattordici anni Anna Mae e due delle sue sorelle vanno a fare le serve. Un giorno, il tatuatore Charles “Red” Gibbons la vede in un bar mentre sorseggia una soda, l’unico drink che può permettersi, e la abborda.
Nel 1912 la sposa, e infine la tatua in full color, con motivi presi dall’iconografia religiosa. È Anna Mae che sceglie i soggetti, perché fa parte della Chiesa Episcopale ed è molto devota. Sul suo corpo ci sono angeli, Madonne col bambino e una riproduzione del cenacolo di Leonardo da Vinci, sul modello di quello che aveva Emma de Burgh nella parte alta della schiena.Quando il lavoro è finito, come consuetudine, Anna Mae cambia il proprio nome. Artoria Gibbons inizia la sua longevissima carriera nel 1919, e continuerà a lavorare come donna tatuata fino a ottant’anni.Caratteristici della sua immagine sono un copricapo a raggiera di tulle o piume, che circonda la testa come un’aureola, e la castigata gonna al ginocchio, con l’orlo guarnito da un angelico piumino.Negli anni Settanta il suo impresario racconta agli spettatori che da giovane Artoria era bellissima, sposata a un uomo molto più vecchio di lei ed estremamente geloso, che la fece tatuare per sfregiarla. La verità è che nella vita privata Artoria è sempre stata molto pudica. Rinuncia ad esempio a lavorare al rinomato Ringling Brothers, perché l’impresario del sideshow Clyde Ingalls aveva cercato di prendersi delle libertà con lei.Il marito la affianca come tatuatore itinerante nelle sue tourneè, lavorando nei centri commerciali e nelle fiere. Un giorno viene rapinato e subisce un brutale pestaggio, che lo porterà gradualmente a perdere la vista. Per accudirlo, Artoria si prende una pausa di dieci anni, scomparendo dalle scene dal 1946 al 1956. Quando Charles si ristabilisce, ricominciano a viaggiare insieme, finché lui non muore nel 1964. Lei continua a lavorare nel circo fino al 1981, quando si ritira a vivere nel Tennessee con la famiglia di sua figlia. La sua carriera dura più di cinquant’anni, ed è una delle più lunghe e celebri fra tutte quelle delle tattooed lady americane.
MAY VANDERMARK _ La ragazza con la zebra
Ada Mae nasce in Pennsylvania e si trasferisce a New York con il proposito di fare la stenografa. Poi conosce la donna tatuata Lotta Pictoria, e inizia a frequentarla. Ada Mae è una delle poche donne tatuate a poter vantare degli avi nel mondo dello spettacolo: suo nonno faceva il cantante di vaudeville, e pare che proprio a lui si sia ispirata la nipote per intraprendere la carriera artistica. Lotta Pictoria le presenta il suo mentore, destinato a tatuare anche Betty Broadbent e Milderd Hull. Charles Wagner, di cui parleremo meglio più avanti, è un illustre allievo di Samuel O’ Reilly, l’inventore dell’attrezzatura elettrica. Fa ad Ada Mae un prezzo speciale, 150 dollari per il total body. La ragazza contrae il suo nome in May. Esiste una foto molto bella di May Vandermark in topless, in cui mostra un piccolo seno incorniciato da una possente aquila. Un’altra sua immagine molto famosa la ritrae a fianco di una zebra, con un corto caschetto ondulato e la bocca dipinta a forma di cuore. Nel ‘68, intervistata sul declino della sua professione, May incolpa la moda delle scollature e dei bikini. “Se ti vesti così, non puoi essere tatuata.” Negli anni Sessanta il tatuaggio infatti è ancora visto come una pratica quasi esclusivamente maschile. Le ragazze si tatuano in posti nascosti, a meno che non vogliano esporsi agli insulti o che non siano Janis Joplin. Un’altra dichiarazione memorabile di May Vandermark risale agli anni Trenta, quando le chiesero come mai aveva deciso di tatuarsi: “Mi piace l’arte. Sì. Fino a un certo punto, diciamo. Più che altro mi piace poter mangiare regolarmente.”
CORPO, MODA E MORALITA’
Nella cultura occidentale i tatuaggi femminili vengono da sempre associati al sesso. Tutt’oggi costituiscono motivo di commenti e tentativi di abbordaggio per strada, e vanno a connotare una specifica categoria muliebre nei film pornografici. In origine, oltre alle artiste dei circhi e a qualche intoccabile dama della nobiltà o dell’alta borghesia, solo le prostitute avevano la fama di tatuarsi. Abbiamo già parlato nella seconda parte di questo articolo delle simbologie sessuali associate alle storie mitiche di rapimenti e tortura a base di inchiostro che costituivano parte del marketing delle prime performer. Un’altra componente della carica erotica di queste donne è indubbiamente la loro divisa, concepita per mostrare il corpo tatuato, con corti calzoncini imbottiti a mezza coscia e un busto che lascia scoperte le braccia, la parte alta della schiena e la scollatura. Alla fine dell’Ottocento il codice di abbigliamento femminile è molto severo, con camicie accollate, gonne e maniche lunghe. Per una donna ben educata, far intravedere i propri polsi o le proprie caviglie è già un comportamento riprovevole. Alcune performer come Annie Howard, anticipando involontariamente il New Look degli anni Cinquanta, indossano una gonna a ruota lunga al ginocchio. Nonostante questi tentativi di pudicizia, molte voci critiche si alzano contro di loro, colpevoli secondo la morale vittoriana di spargere corruzione nei pensieri di chi le guarda. “Un vortice prolungato di cosce e lustrini”, tuonano i giornali dell’epoca.
Come le ballerine, anche le donne tatuate sono considerate lavoratrici equivoche, sempre in bilico fra arte e prostituzione. In realtà i loro contratti con i circhi impongono una rigida condotta morale. Ad esempio, le dipendenti femminili del Ringling Brothers non possono apparire in pubblico con vestiti chiassosi, né sedere a gambe incrociate, né uscire dai loro dormitori dopo le undici di sera, né farsi sorprendere a parlare con i loro colleghi maschi che non facciano parte della dirigenza fuori dall’orario di lavoro, nemmeno per caso. I motivi sono commerciali. I circhi itineranti non possono permettersi scandali né gravidanze improvvise.
Durante i Ruggenti Anni Venti, la morale e la moda, strette fra la carneficina della guerra mondiale, il riverbero dei totalitarismi europei e l’incipiente crisi che porterà alla catastrofe economica, diventano più febbrili, rilassate e oltraggiose. Le acconciature si fanno corte e androgine, le flapper sottolineano le giunture delle ginocchia con il belletto rosa, e anche le gonne e i calzoncini delle tattooed ladies si alzano fino all’attaccatura delle cosce. Lady Viola sfoggia un sontuoso costume da bagno di velluto scuro, ricamato d’oro e paillettes, May Vandermark una semplice sottoveste di seta a metà coscia. Entrambe, come anche Jean Carroll, si fanno fotografare nude. Le foto vengono vendute agli uomini come veicolo promozionale agli spettacoli, a caro prezzo. Già in questi anni esiste un vero e proprio mercato di foto di donne tatuate in déshabillé, come testimonia la collezione di Bernard Kobel, un antesignano di Diane Arbus e Miron Zownir che fotografava freaks, scene di crimini cruenti, mutilati di guerra e donne nude tatuate. Va ricordato comunque che, proprio per le norme morali presenti nei contratti circensi, la maggioranza delle ragazze ritratte nelle sue opere non sono performer professioniste.
BETTY BROADBENT _
L’American Sweetheart coi calzini
Sue Gillian Brown nasce in Florida nel 1908. Ha un rapporto conflittuale con la famiglia, va via di casa nella prima giovinezza e inizia a lavorare nei sideshow come assistente dell’illusionista. Ma il numero di Spidora, come si fa chiamare, in cui con un gioco di specchi la sua testa viene proiettata sul corpo di un grosso ragno finto, non frutta molto denaro. Così Sue decide di farsi tatuare. Per costruire la sua mitologia da artista, colorisce la sua storia personale con luccichii di opulenza. La sua era una delle famiglie più ricche di Philadelphia, racconta quella che è ormai Betty Broadbent, poi sua madre scoprì che si era fatta un piccolo tatuaggio e la diseredò. Lei allora optò per un total body ribelle. Betty viene sdoganata dalla comunicazione circense come “la più giovane ragazza tatuata del mondo” e inizia subito a lavorare molto, spostandosi da una città all’altra.L’immagine di Betty è raffinata, nel senso che ha dei tratti molto ben definiti e riconoscibili. Oltre ai perenni paramenti regali di inchiostro, Betty porta dei calzini bianchi alla caviglia incorniciati da sandali neri col tacchetto, indossa corte gonne a ruota di tessuti brillanti e sfoggia sempre un dolce sorriso.
Come molte altre colleghe, si sposa più volte, una delle quali con Jose Carter, un cowboy del Wild West. La loro storia finisce in modo tragico. Jose non viene pagato per un’esibizione e, completamente al verde, decide di tornare da Betty, che è incinta di suo figlio. Non potendo permettersi le spese di viaggio, sale sul tetto di un treno merci, si appisola e impatta contro la volta di un ponte. La Broadbent si trasferisce a lavorare in Australia e Nuova Zelanda. Tornata a Chicago, si risposa con Charlie Roark, un collega del circo che fa il ventriloquo. Insieme fanno tournée per tutti gli anni Quaranta, con i Ringling Brothers e i Cole Brothers. Il marito allestisce spettacoli di marionette e numeri di magia, e Betty rispolvera la sua gavetta da assistente dell’illusionista. Indossa però una veste cinese che copre tutti i suoi tatuaggi, il cui spettacolo necessita l’acquisto di un biglietto a parte. Il matrimonio con il ventriloquo illusionista dura 13 anni.Dopo essersi ritirata dalle scene a 57 anni, Betty Broadbent prova a sposarsi per un’ultima volta. Assieme all’ultimo marito, un ex collega del circo, compra una fattoria. I due sposini si godono insieme gli ultimi anni, dandosi all’orticultura e allevando animali da compagnia.
JEAN CARROLL _ La verità dietro la finzione
Viso ovale, grandi occhi chiari e naso affilato da lady inglese in strabiliante contrasto con l’accento da bifolca americana, Jean Carroll nasce nel 1904 nel Nord Dakota. Si trasferisce a New York poco più che adolescente, e inizia a lavorare come attrice. Il sogno cinematografico sfuma alla svelta, rimpiazzato dalla concreta opportunità dei tattoo parlor di Coney Island. La particolarità del total body di Jean è che arriva fino al gomito, a differenza delle sue colleghe che sono tutte tatuate fino ai polsi. Oltre al bellissimo viso, da giovane Jean Carroll ha anche un corpo delicato, ed è una delle non molte performer di cui esistano immagini fotografiche di nudo.La sua storia di finzione commerciale, stampata anche su un booklet, racconta che agli inizi della sua carriera Jean era una donna barbuta, finché lei e il suo imbonitore John Carson non si innamorarono. Nel booklet è riportata la seguente frase attribuita a John: “Volevo disperatamente fare l’amore con lei, ma non riuscivo a baciarla. Mi sembrava di baciare mio zio.” Così Jean va dal barbiere per amore, dopodiché si tatua, per poter continuare a far parte del carrozzone del circo. La frottola vende bene, e la Carroll lavora regolarmente per l’Huber Dime Museum fino a tutti gli anni Cinquanta. Ha una figlia e si sposa tre o quattro volte, perlopiù con imbonitori e contorsionisti. I matrimoni finiscono assieme alla giovinezza, e iniziano le difficoltà economiche.Jean Carroll, che porta casualmente lo stesso nome di una diva di Hollywood, che era stata davvero bella e che aveva iniziato la sua carriera sognando il cinema, per un’agrodolce ironia del destino alla fine degli anni Sessanta viene contattata da un regista indipendente, Tom Palazzolo. Lascia così filmare il suo corpo non più giovane, raccontando con orgoglio e con il suo pesante accento la storia dei suoi tatuaggi in un cortometraggio sperimentale. La malinconia dei parchi di divertimenti che traspare dalle riprese di Palazzolo è la stessa malinconia che si avverte nelle vicissitudini biografiche della Carroll. Alla fine della sua vita vive al Hell’s Kitchen di New York con i suoi due chihuahua Peanuts e Susie, e teme in continuazione di essere sfrattata. Nel ‘68, proprio grazie al film di Palazzolo, la sua carriera ha un’impennata improvvisa, ma Jean viene ricoverata per problemi di salute, e quando torna a casa scopre che tutte le sue cose sono state portate via.
Oltre alle riprese, un altro importante documento rimasto dall’incontro fra Palazzolo e la Carroll è una serie di lettere, che costituisce una delle poche fonti autobiografiche scritte da una donna tatuata. Le lettere sono decorate da angeli e santi, come quelli presenti sulla pelle di Jean. La chiave della simbologia religiosa si riduce infondo sempre e solo a una cosa, la luminosa e terribile virtù teologale della speranza. Quella che esista un ordine, che il dolore abbia un significato e che ci sia qualcosa– fuori o dentro di noi – che possa salvarci dal male.
Fine Seconda Parte _ Nella terza parte di quest’articolo andremo a conoscere, dopo la pioniera Maud Stevens Wagner, la prima generazione di donne tatuate che imparano l’arte e iniziano a fare tatuaggi a loro volta, con Lady Viola, Mildred Hull e Cindy Ray. Stay Tuned for More Gorg Tattoed Ladies!
Bibliografia
Amelia Klem Osterud, The Tattooed Lady, A History, Taylor Trade Publishing, 2009.
Sulle performer tatuate:
http://the-history-girls.blogspot.it/2016/11/victorian-tattooed-ladies-circus-freaks.html
https://en.wikipedia.org/wiki/Tattooed_Lady