NECTON ___ Quattordici racconti nati dal progetto grafico di Colette Baraldi sul sommozzatore Lucido


Il progetto Necton nasce fra il 2006 e il 2007. Colette Baraldi presenta una quarantina di disegni grafici raffiguranti Lucido, un sommozzatore. Li distribuisce a scrittori, critici d’arte ed amici, affinchè ne traggano un elaborato scritto. I risultati sono molteplici, dallo stream of consciousness, alle poesie haiku. Dalla collaborazione con Kainowska nascono i  quattordici racconti di Necton, dai quali viene tratta un’ulteriore serie di disegni, più elaborati e narrativi. 

 

I primi tre racconti di Necton sono stati pubblicati su Retort Magazine, nel 2009


Colette Baraldi, Lucido _ Kainowska, sono un sommozzatorePleased to meet you

Sono un sommozzatore.

Ho muscoli sottili e guizzanti, inguainati in nero di china impermeabile che

mi separa

da un ambiente che non mi è congeniale.

La mia tuta da sub è della Negatron.

La mia percezione del mondo è uguale alla vostra: per la maggior parte del nostro tempo da svegli ci troviamo davanti a uno schermo, che sia la tv, il computer, o il parabrezza della macchina.

Refrattari alla luce naturale, con occhi deboli come quelli dei pesci degli abissi. Se non ci sono schermi che ci proteggano, ci barrichiamo dietro occhiali, che sono piccoli schermi a distanza ravvicinata che potenziano il nostro sguardo o lo nascondono.

Ma io sono un sommozzatore e la mia maschera mi serve a vederci chiaro. Il logo della Sandman l’ho staccato perché odio le patacche della roba firmata.

Appena mi immergo sotto la superficie accade un fatto strano. Le mie giunture si dinoccolano, posso piegare gomiti e ginocchia all’indietro, e la testa mi gira di 180 gradi. Sotto la superficie divento sfuggente e nessuno mi può toccare.

 


 

That’s entertaiment

 

Oggi ho tenuto un concerto al White Abyss Festival.

La mia fiocina mi è servita ad amplificare la voce e io ho cantato sul palco di madreperla stroboscopica.

Sotto c’era una moltitudine di giovani pesciolini con il respiratore in spalla e la testa vuota.

Per vedermi hanno pagato 60 perle d’allevamento a testa e per questo si sono convinti che sia stato un grande evento, nonostante il mal di pinne e la noia sottile.

 

Per me è stato divertente, ho ballato nell’acqua priva di gravità, ho disegnato simboli dell’infinito con il mio corpo dalle ossa liquide.

Ed ho emesso ultrasuoni, li ho fatti vibrare alla base della spina dorsale, facendo scoppiare la vescica natatoria ad un sacco di pesciolini pronti per la grigliata.

 

È stato un po’ come la televisione, squallido, irreale ed entusiasmante

Il White Abyss è organizzato dalle Sirene, l’aristocrazia mediacquatica dalle mille voci suadenti. Se devo dirla tutta un po’ di tempo fa sono entrato in collisione con Anfitrite e la sua coda lucente di marmo e fluorite turchese, ed Anfitrite è l’art-director del Festival.


 

Oh my loverboy

Colette Baraldi, Lucido _ Kainowska, oh myloverboy

Oggi sono felice, ho beccato Niebieski alla Grotta del Vortice.

Erano secoli che non lo vedevo. Mi ha raccontato che è stato un po’ in giro, prima in Norvegia dietro alla sua goletta di Green Peace, e poi ai Caraibi, per riprendersi, inseguendo un flusso di corrente calda.

Niebieski è un delfino tursiope.

I delfini tursiopi hanno un cervello enorme, con una corteccia cerebrale molto più complessa di quella degli esseri umani. Il loro linguaggio è molto articolato, assolutamente musicale, e in quanto conversatore Niebieski potrebbe rivaleggiare con Oscar Wilde in persona.

 

I delfini della sua specie sono più intelligenti degli uomini, ma non hanno il pollice opponibile. Non possono creare manufatti, e perciò non possiedono una cultura tecnologica. La loro cultura è completamente virtuale, cerebrale ed estetica. Loro la chiamano l’Arte.

Per i delfini tursiopi l’Arte può essere anche tesa a concepire problemi di matematica astratta.

Niebieski mi raccontava di sua madre morta suicida su una spiaggia nera di catrame, dopo uno dei soliti disastri ecologici che fanno la delizia delle reti televisive.

Sua madre si chiamava Beatrix e aveva continuato a salvare naufraghi umani anche dopo l’emanazione del Ventitreesimo Emendamento Pelagico, quel piano idropolitico concepito per non intralciare in nessun modo il disegno di autodistruzione di

coloro che, schiacciati dalla gravità terrestre, come vampiri succhiano l’ossigeno senza branchie”.

Ma non era triste, perché nella lingua dei tursiopi la parola morte non esiste. Loro dicono “Porta che Collega”.

Ci siamo un po’ esibiti a vicenda la nostra zavorra familiare, davanti a una porzione di plancton artico fermentato.

Niebieski aveva avuto un fratello maggiore, di nome Ylinx.

Quand’erano piccoli, cinque bipedi dal linguaggio primitivo, travestiti da pesci, li avevano rapiti dal mare celeste, ed imprigionati in un minuscolo cubo d’acqua, puzzolente ed innaturale.

Anche dopo essere stati separati, Ylinx e Niebieski avevano continuato a comunicare telepaticamente. La telepatia, mi diceva Niebieski, fa parte dell’Arte, e non è sensoriale, non viene recepita dai portali del corpo, ma dallo spirito sottile.

Così all’inizio gli uomini li facevano giocare, li facevano fare percorsi ad ostacoli, labirinti per testare la loro intelligenza.

Poi i labirinti di Ylinx erano diventati più complessi, e gli venne dato un raggio d’azione sempre più ampio. Sommozzatori neri e velocissimi lo accompagnavano, e lui nuotava imbrigliato in una ruota-collare scomoda come un corsetto vittoriano, in una pallida approssimazione di libertà.

Niebieski invece era rimasto nel cubo di acqua clorata. Doveva esibire le sue doti ginniche slanciandosi al di sopra della superficie, in salti ed avvitamenti, e in cambio gli uomini gli gettavano del pesce frollato.

All’inizio si divertiva. Cercava di migliorare, di sfidare se stesso in nuovi record di slancio ed apnea. Poi piano piano cominciò ad impazzire.

Il tempo era uscito dai cardini, da flusso veloce e lieve, da radioso infinito, si era scheletrito in segmenti pesanti come la volta della Fossa delle Marianne, pieni di dolore sordo, tutti uguali, sempre gli stessi.

Quando non doveva saltare negli anelli o urlare frasi sconnesse che venivano amplificate come in un incubo, nei momenti in cui le urla gutturali e stridenti degli esseri umani tacevano, Niebieski andava sul fondo della sua cella a cubo, ruotava con la pancia verso la luce, e rimaneva immobile, finché la mancanza di ossigeno non diventava un rombo di fuoco dentro la sua testa.

Ma poi il suo corpo decideva di tornare indietro, sempre.

Niebieski non riusciva più a rispondere alla voce di Ylinx che lo chiamava, e pensava che se suo fratello era nel mare celeste e lui in quella fetida prigione di cloro, era perché in fondo lui era buono solo di saltare e battere le pinne, e non era capace di portare l’anello di ferro magnetico.

Alla fine arrivò al capolinea e si dimenticò il proprio nome, e dell’esistenza di suo fratello.

Poi un giorno che si stava masturbando a morte sotto il getto dell’acqua, da bravo animale in cattività infernale, successe qualcosa.

E state certi che non si trattava del triste epilogo della sua sega disperata.

Niebieski sentì un tuono che gli franava addosso, vide un flash di luce, lento e accecante, che cancellò i confini del suo cubo-prigione, e poi perse i sensi. Quando rinvenne, ebbe la consapevolezza che era totalmente guarito e che la sua vita stava per cambiare.

Così Niebieski aspettò, e dopo due giorni vennero a liberarlo.

 

Più tardi, mentre inseguiva un aliseo nel mare celeste, Niebieski imparò che gli uomini avevano trasformato Ylinx in un kamikaze contro obiettivi sottomarini, e che suo fratello aveva portato alla destinazione finale il suo collare ad alto potenziale esplosivo. Ciò accadeva due giorni prima che lui fosse liberato.

Niebieski è un delfino di diamante, è talmente evoluto che non odia gli uomini.


 

 Octopussy

Ocyopussy, post

Le maree sono diventate tiepide, e l’ambiente fotico è in fibrillazione fino ai duecento metri di profondità.

Ieri sera il plancton ondeggiava in vortici salini pieni di luce. Le meduse fluorescenti pulsavano, le uova dei pesci si chiudevano scoppiettando, a milioni di milioni.

Stavo scivolando lungo un fondale di velluto.

Alghe piumate mi toccavano.

Pesci a sangue freddo mi guardavano con occhi fissi, poi qualcosa mi afferrò alla caviglia.

Un’estremità ardente e prensile di Octopussy.

Octopussy mi portò giù serpeggiando movenze da locali di lap-dance con le sue mille braccia, la dea Kalì del fondale caldo.

Mi portò giù fino alla barriera corallina, irta di punte taglienti.

Mi spinse in questo roveto e l’acqua diventò rossa del mio sangue, poi una delle sue mille braccia mi scivolò in mezzo alle gambe e la mia tuta nera della Negatron si strappò anche lì. Un tentacolo mi riempì davanti, e ogni singola ventosa si fermava a succhiarmi la clitoride, mentre io mi inarcavo in una convulsione di bolle che salivano verso la superficie.

Arrivò il secondo tentacolo.

Quando il terzo mi entrò in gola rovesciai gli occhi all’indietro, e l’ossigeno finì.

 

L’ultima cosa che ricordo è una voragine sotto Octopussy, in mezzo alla rosa dei tentacoli,  e che ci sono caduta dentro.

 

Allucinazioni da soffocamento.

 

Mi sono svegliata stamattina con le onde che mi schiaffeggiavano, a riva come una stronza.

Sulla spiaggia c’erano due vecchi crucchi in vacanza con cappellini bianchi da pescatore e vene varicose viola e verdi che mi guardavano sconvolti.

 

La mia tuta nera della Negatron è da buttare.

 


 

Pneuma

Vediamo di chiarire questa faccenda del respiratore.

 

Io non porto bombole pesanti come i turisti dell’immersione, quelli che pagano, vengono, guardano, fanno decompressione, e poi vanno via, tutti felici e instupiditi come quando son venuti.

Non sono neanche un supereroe da record d’apnea, un cercatore di perle, o un pescatore di ricci di mare.

Loro hanno un traguardo romantico da valicare per la gloria degli sponsor, o un obiettivo economico più o meno allettante; la loro visione è come un tunnel, o al massimo come un radar focalizzato. I loro tempi d’apnea sono brevi, ma realizzano le loro immersioni perché possiedono organizzazione, costanza ed attitudine fisica, e io li ammiro, a differenza dei turisti zavorrati di bombole.

Io sono qua sotto grazie alla mia volontà di stare qui, che mi ha fatto trovare una protesi preziosa.

L’ho trovata per un caso che non era un caso, quando ero un timido nuotatore della superficie. All’epoca Niebieski ed io ci guardavamo da lontano, e lui mi dice sempre che lo facevo ridere, con i miei nervi tesi e il mio tubicino respiratore di polimeri plastici.

Un giorno ho trovato la protesi che fluttuava al largo come un animale zigrinato, e ho scoperto come farla funzionare. In realtà se devo dirla tutta la protesi mi ha assalito e mi è entrata in gola stile mostro alieno, e io ho veramente smerdato.

Poi a poco a poco ho cominciato a capirne i vantaggi.

La protesi Shinja non è un respiratore, ma un intubatore simbiotico.

 

È stata inventata da David Crash, il leggendario genio alchemico laureato summa cum laude in biotecnologie applicate alle mille forme di vita pelagica.

Brillante etologo, virtuoso di linguistica e semiotica, Crash aveva stabilito un rapporto di comunicazione con una comunità di tursiopi, di cui Niebieski era un elemento satellite.  David Crash aveva parlato con Legba, il centenario tursiope patriarca.

Legba è una Porta del Flusso Temporale.

Nel corso dei secoli, Legba aveva viaggiato all’interno del suo cervello, aprendo dispositivi di memoria attraverso dendriti neurali dimenticati, ed aveva riacquistato ricordi cromosomici netti come film.

Ricordava di un’infinitesimale parte di sé di cinquanta milioni di anni prima, che fiutava l’aria salmastra e sulfurea della riva, in forma di cane preistorico.

Il cane preistorico aveva paura, sentiva i nuovi sauri carnivori che pattugliavano il litorale in cerca di carne di mammifero, tenera e calda. Una carne pregiatissima, a cui l’adrenalina della paura conferiva un retrogusto amarognolo, che insaporiva la fragrante dolcezza di base.

I nuovi sauri erano feroci, ma stupidi, il sangue era la loro ideologia. Mancavano di estro, erano tanto arroganti quanto privi di coraggio, e il mare celeste poteva essere la salvezza.

Così il cane preistorico tornò nel mare.

Nel corso delle ere geologiche si riambientò alla perfezione, senza rinunciare al suo grosso cervello di mammifero. Perse il pelo che in acqua non era elegante né idrodinamico, e compattò il suo corpo per assecondare i moti curvilinei delle onde.  Le sue due narici lupoidi si fusero in una, e viaggiarono lungo il muso fino a stabilizzarsi in forma si sfiatatoio, sulla sommità del cranio.

Il cane preistorico si era trasformato in delfino, acquatico mammifero sociale, con sangue caldo e polmoni.

I figli dei suoi figli dei suoi figli avrebbero un giorno generato gli antenati di Legba.

Legba era un esemplare eccezionale di un eccezionale ramo genealogico, e per questo era riuscito a diventare una Porta del Flusso Temporale.

Fra i cetacei c’è un detto : “L’essere umano non possiede memoria.”

Legba e David Crash, due animali di specie diversa, entrambi Gran Sacerdoti dell’Onniscienza, lavorarono insieme, racimolando frammenti di cellule funzionanti di eoni passati, fino a distillare il cromosoma puro della mutazione, quello che apre la porta di tutti i mondi possibili.

Uno dei fini per cui Legba aveva deciso di collaborare con David Crash era il fine della ricerca, che era microscopico se confrontato con la mole ponderosa della ricerca stessa. Crash voleva creare una protesi organica che permettesse agli esseri umani la respirazione subacquea.

Il prototipo Shinja era stato creato con tessuti branchiali su supporto cartilagineo, e studiato per essere compatibile con la conformazione della gola, per funzionare in simbiosi con l’ospite. Il tessuto branchiale assimila l’ossigeno solubile dell’acqua e lo irrora lungo le pareti piene di corpuscoli sanguigni dell’apparato respiratorio.

Il Shinja è stato prodotto in tiratura superlimitata di sette esemplari, e possiede un istinto formidabile per la scelta dell’ospite.

Uno dei sette Shinja ha scelto me perché aveva riconosciuto i motivi che mi spingevano ad andare sotto.

Non avevo nessuno fine pratico. Volevo solo vedere.


 

 

Radio-activity

Oggi sono andata giù nella zona di penombra, a beccare Yokanaan, il dottor Benway e Ipo D.

Incredibile come riescano ad andare d’accordo, un mistico e due ladroni, o trafficanti di caviale allucinogeno che dir si voglia.

Li ho conosciuti al White Abyss, chiaramente erano venuti lì per lavoro. Benway smercanteggiava, Yokanaan attirava giovani pescioline nella sua tenda bivalve predicando l’amore universale, e Ipo D, che odia le sirene, stava tentando di sabotare le loro salutari pozioni di alghe energetiche.

È stato così che ci siamo conosciuti, addizionando le alghette di Anfitrite.

È stato bello vederla scodare via tutta gorgogliante, quella gran vacca di regime. Era assieme con il signor Sado, un’orca maschio lungo nove metri. Ha ha!

Ipo D. è un pesce ago danneggiatore, lungo, sottile e tutto zebrato. Perché, come dice lui, i ninja acquatici devono spezzare la propria silhouette, per depistare i predatori.

Lui e Benway lavorano insieme.

Vanno in Russia seguendo la corrente degli storioni. Rilevano siti radioattivi al punto giusto, contattano coppie devianti rispetto all’istinto di conservazione della specie, e fanno il lavoro. Al ritorno sfruttano le correnti artificiali delle navi. Ipo D fa da avanguardia confondendo gli squali, e se le cose si mettono male interviene il dottor Benway con la sua arma segreta.

Benway è un pesce chirurgo, vicino alla coda ha una custodia contenente una lancetta ossea affilata come una lama di rasoio, che taglia la carne con nettezza chirurgica.

Pallido, verdognolo, con occhi lilla allucinati, il dottor Benway è stiloso come un dandy, ma forse proprio per questo talvolta non si sa  limitare. Così a volte gli vengono degli attacchi di paranoia terrificanti, che lo spingono a correre giù come un pazzo fino al confine degli abissi, dove nessuno lo può vedere, e ogni volta io lo vado a ripescare mezzo assiderato e con la vescica natatoria sul punto di esplodere.

 

“Ma tu guarda… un chirurgo surgelato in stato di shock e il suo biodroide custode….

Non saremo una coppia un po’ troppo perversa?”

 

Quando dice questa battuta vuol dire che si è strippato, e allora io lo riporto su.

 


Rosa Mistica

Yokanaan funge da moderatore e da collante neuronale agli eccessi di Benway e Ipo D, ma ciò non vuol dire che sia più morigerato di loro , o che abbia un senno maggiore.

Yokanaan è un rarissimo esemplare di pesce farfalla, che sul mercato islamico vale tanto oro quanto pesa. Sulla sua coda c’è un pigmento bianco che compone un’indiscutibile scritta in caratteri arabi, che dice : ‘Non c’è altro dio all’infuori di Allah’.

Capirete come la sua vita possa essere stata dura.

Perseguitato per motivi di culto estranei alla  sua specie, Yokanaan reputò questi motivi come un privilegio, che non era addotto agli altri milioni di pesci morti per mano dell’uomo.

Così volle indagare, e cercò la corrente di ascesi verso Dio.

Praticò il digiuno, le dottrine incentrate sul pneuma, meditò, e percorse i primi sei stadi del Vortice dell’Illuminazione.

Quanto è vero che io sto qua sotto, Yokanaan mi ha accompagnato sopra la superficie a scegliermi una nuova tuta della Negatron dopo la faccenda di Octopussy. Nel senso che  mi è svolazzato dietro da bravo pesce farfalla, perfettamente a suo agio nel nuovo elemento, con i suoi chakra aperti che assorbivano ossigeno e regolavano la pressione interna che era una meraviglia.

“Quando aprirò l’ultimo riuscirò a parlare con Dio.”

Entrambi siamo  due apocalittici convinti, e forse per questo adoro parlare di teologia con Yokanaan.

“Maometto, che è stato l’ultimo dei profeti di vecchia tradizione, ha descritto per filo e per segno come sarà la fine del mondo. Sta succedendo adesso.  Che poi Dio sia molto deluso ed incazzato, è evidente dalla sua ultima scelta di incarnazione. Dio infatti si è incarnato negli uomini lungo il corso di tutta la loro storia. Krishna, Gesù e Gautama Siddartha sono solo alcuni nomi illustri, ogni generazione ha avuto il suo Messia perso nella massa, e praticamente tutti hanno fatto una fine di merda, fra sangue e tortura.

All’ultimo giro il Principio Primo ha ben pensato – ma chi me lo fa fare – , e si è incarnato in una balenottera azzurra. Lei ha ormai trecento anni, si chiama En Sof e conosce tutto, passato presente e futuro. Quando arriverò alla fine del Vortice dell’Illuminazione, la vedrò”.


Daimon

Così, in mezzo a tutte queste chiacchiere esoteriche, il caviale allucinogeno ha fatto effetto, e io sono volata via portata da un flusso ascensionale a forma di spirale.

Ho incontrato piccoli pesci caduti nel mare da un cielo di ametista viola e una donna con capelli neri e un vestito rosso fluttuante. Mi ha raccontato che stava cercando un pesce di fiume che si era mangiato sua figlia sotto un ponte, dove lei l’aveva uccisa a bastonate.

Sua figlia era una puttana con gli occhi blu, e se il pesce si fosse mangiato anche lei sarebbero entrambe tornate a casa.

 

C’era una donna senza un dito legata a un pianoforte a coda sul fondo del mare.

 

Poi la corrente spiraliforme è diventata fredda ed ha virato verso il basso.

Sono rimasta inchiodata ad uno sperone di roccia, e lì davanti a me ecco Cneajna, il pesce diavolo, Carcass, lo squalo grigio, e Diablìza, la fottuta torpedine nera che mi odia di odio cieco.

“Maledetto ibrido umano, di maledetta razza idrofoba. Tu morirai oggi. Dove sono i rinnegati che nuotano con te?  Dov’è Maldoror che dovrebbe dilaniarti e invece ti accompagna portandoti sul dorso, uomo demone che vieni sotto la superficie per portare sventura?  Dov’è il tursiope,  la scimmia ammaestrata? Dove sono tutti? Qui sotto ci siamo solo tu ed io, e io sono nera del tuo veleno che contamina. Il mio scheletro cartilagineo è rotto dalle lame rotanti degli umani che falciano l’acqua  come una pestilenza. Il mio sangue gelido si congela se penso alla Guerra che voi sporche creature di fango ci fate da quando al putrida terra è emersa dal mare celeste. Voi mostri distruttori siete il virus di questo pianeta, e presto l’acqua si solleverà in un maremoto alto quanto profondi sono gli abissi, e farà polvere di quello che siete stati.

Ma tu, tu morirai oggi.”

Sono assolutamente lucido quando Diablìza mi vola addosso.

Paralizzato, ma so quello che mi aspetta. Diablìza apre le sue ali nere, e mi colpisce con un colpo di frusta elettrificato che mi attraversa. Mi colpisce più volte con i suoi 200 volt di corrente che brucia e gela, che ti chiude la gola e fa tremare.

 

Fra una scossa e l’altra vedo Cneajna, la manta con sei metri di apertura alare, che si sposta lenta sopra di me, e aspetta.

 

Quando il muso di Carcass si chiude all’attaccatura del mio braccio il mio cervello si spegne.

 

 

 


 

Sky of blue, sea of green

 

Nero.

 

Denso, freddo e pesante.

 

Tutto è così denso, freddo e pesante che i miei movimenti sono lentissimi. Vedo che sono io perché intorno a me c’è una fosforescenza elettrica che illumina la mia sagoma e cinque centimetri intorno, ma per il resto non vedo niente e procedo alla cieca. Tutto nero.

 

 

Ci sono luci pallide qua e là, e io giro alla larga. Sono i fuochi fatui dell’abisso, dietro ci sono mostri pieni di denti, con mascelle che si dilatano e bocche enormi.

Loro mangiano raramente.

Mi vedono brillare del fuoco di Diablìza e pensano che sia uno di loro.

Deviano dal mio percorso.

 

Poi vedo un altro tipo di luce.

 

Caleidoscopica. Sembra pulsare secondo un ritmo definito, e poi cambia colore, dal lilla, al verde, all’arancione.

Mi incuriosisco, d’altra parte sto tentando di risalire da ore e non capisco perché ma rimango sempre nell’abisso. Non ho nulla da perdere, mi sto annoiando, per non dire che sto cominciando ad avvertire l’odore vischioso della paranoia e disperazione.

Se è un mostro fluorescente con denti a coltello, sarà pur sempre meglio di questo.

 

Mi avvicino.

È un sottomarino, e l’intermittenza colorata viene da dentro.

Sento della musica.

 

In the town that I was born lived a maaan who sailed the seeeas, and he toold us of his liife in the laaand of submarines. So we sailed up to the suun till we found a sea of green, and we liived beneath the waves in our yeeellow submarine…

 

Poi arrivano le voci.

 

“Io non capisco perché devo essere sempre io a sostituire Ringo. Perché  non lo fai un po’ tu?”

 

“Perché le mie capacità vocali sono nettamente superiori a quelle di Ringo, a differenza delle tue. Io sostituisco Paul.”

 

“Tu puoi provare a sostituire Paul.”

 

“Cosa vorresti insinuare? Guarda che io non ce la faccio più a suonare senza sezione ritmica. Mi sento un coglione country.”

 

“Zitto e continua a suonare, che se no ci aumentano la pena.”

 

“Ma guarda che  prima o poi dovranno ben tirare le cuoia, quei due.  Ormai vanno per la settantina. Dopo una vita di eccessi! Dopo tutta quell’anfetamina, quegli acidi, lo stress da palcoscenico, i fan rompicoglioni, lo sciampagne, i jet lag, i dispiaceri familiari, l’ansia per le proprie quotazioni in borsa, il colesterolo alto….

Dov’è Paul?  Perché non gli sono ancora scoppiate le coronarie?! Perché Linda è morta mentre lui è ancora lì che si sollazza con una modella trentenne con una gamba sola?”

 

“Dici così solo perché era stronzo come te, e ti manca. Senza di lui ti senti triste. Io preferisco che arrivi prima Ringo, se no chi vi sopporta più a voi due che fate le gare a chi è più bravo, e litigate dalla mattina alla sera come due checche di Soho? Io spero che arrivi prima Ringo, così abbiamo qualcuno da sfottere. He he!”

 

“Fra me e Paul c’era un agonismo stimolante e creativo che…

George…

L’hai sentito anche tu?”

 

“Che cosa, John?”

 

“Quel rumore proveniente dall’esterno!”

 

“Oddio c’è qualcuno! Ringo! È arrivato! Ringo!”

 

“No, è Paul! È lui, lo sento! Svelto, apri il portellone!  Paul! Paul!”

 

Il portellone si apre e l’acqua dell’abisso, pressurizzata a 600 atmosfere per centimetro cubo, si solleva come pioggia fine, creando una bolla d’aria in cui vengo inglobato.

 

Quattro mani di due dei Four Fab mi afferrano e mi trascinano dentro al sottomarino.

 

“Paul, amico mio! Sono così felice che tu sia morto! Finalmente!”

 

“Ringo, fratello! Ma perché ti sei vestito da sub?! Che scoppiato!”

 

“Ma… ma , George! Queste mi sembrano… tette…”

 

“Che ti devo dire, John. Magari nel frattempo Ringo è rimasto vittima della demenza della rock star decaduta e si è creato una nuova identità radicale cambiando sesso. Togliamogli la tuta.”

 

FRUSH…

 

“Ringo, che capolavoro ha fatto il tuo chirurgo! Sei irriconoscibile!”

 

“Non è Ringo, DEFICIENTE. È una ragazza.”

 

“Forse è una groupie… Giustamente inviata dal vecchio per alleviarci la noia purgatoriale. Sei una groupie, sorella?”

 

“No, io sono Lucido.”

 

“Lucido?! George, ma è Lucy! Lucy in the sky with diamonds!”

 

“Sì John, dev’essere proprio lei. Ma senti Lucy… Prima guardandoti dall’oblò sembravi proprio un uomo, cioè le spalle, i fianchi, insomma. Eri un uomo senz’ombra di dubbio.”

 

Allora io glielo racconto.

 

“E’ colpa della temperatura. Una volta sono rimasta a nuotare per due giorni di fila in un golfo pieno di conchiglie, e non sapevo che vi avevano scaricato centinaia di barili di uranio impoverito. Era un sito altamente radioattivo, e il mio dna si è confuso con quello degli organismi circostanti. Quelle conchiglie erano di una specie particolare che cambia gender sessuale a seconda della temperatura. E adesso sono così anch’io.”

 

“Che sballo, ragazzi.”

 

“Dimmi, una cosa, Lucy. Com’è che stai negli abissi? Come fa un essere umano in carne ed ossa a sopportare questa pressione, questa temperatura, e il buio assoluto?”

 

“Ultimamente ho comprato l’ultimo modello di tuta Negatron. Ha un avanzatissimo dispositivo di regolazione termica, e l’opzione batiscafo, un sistema di resistenza atmosferica come quello dei sommergibili. Ma se mi chiedete come ci sono finita mi fate una domanda grossa. NESSUNO va nell’abisso di proposito. Ricordo che ho fatto un pessimo incontro. Diablìza la torpedine nera mi ha torturato con la corrente, e Carcass mi stava staccando un braccio con le sue fauci di squalo. Ma vedo che il braccio c’è ancora. Non so, non capisco… Piuttosto…”

 

“…Sì?”

 

“Cosa ci fanno John Lennon e George Harrison negli abissi dell’oceano? Voglio dire, non dovreste essere morti, voi due?”

 

“Ma noi SIAMO morti, sorella! Vedi, quello stronzo vendicativo, quel vecchio bastardo autoritario…”

 

“John!”

 

“Dicevo, l’essere supremo, nella sua infinita bontà e giustizia, ha sentenziato che i Beatles avessero avuto troppo dalla vita e che dovessero mondare le loro colpe in un’anticamera dimensionale, suonando a rotazione tutti i loro pezzi e aspettando di riunirsi tutti, per fare un ultimo concerto cosmico sul tetto del paradiso e poi finalmente dissolversi in atomi liberi nel Nirvana. Amen!”

 

“In realtà se la sono legata al dito quando John ha detto che eravamo più famosi di Gesù …”

 

“Ma senti chi parla! Eri satanista fino al midollo! Tenevi l’opera omnia di Crowley sul comodino!”

 

“E allora, il tuo amico Paul? Chi è stato a dire a Charles Manson di fare quel massacro in casa Polanski?”

 

“Tutti sanno che Manson era pazzo. Sentiva le voci.”

 

“Ma che cazzo dici?! Sai meglio di me che è stato Paul a istigarlo nei pezzi subliminali di Helter Skelter. ‘Charliee… non fare surf… uccidi Sharon Tate e quella checca del parrucchiere di Jim Morrison!’ Non capisco perché continui a coprirlo.”

 

“Io non so chi ti ha messo in testa questa storia. Piuttosto, Lucy, ti volevo chiedere. Non è che quando ti è capitata quella storiaccia eri in stato percettivo alterato?”

 

“Beh, sì.”

 

“Allora tutto si spiega. E che cos’era, euforia da fondale per troppo azoto nel sangue?”

 

“No, caviale allucinogeno.”

 

“Caviale allucinogeno?!”

 

“Sì, ci sono dei miei amici che lo vanno a prendere in Russia. Il nichilismo si è diffuso anche fra i pesci, e ci sono individui che non vedono più nessun senso nella riproduzione, perché “grande è il male sulla terra e nei mari.” Questi pesci, pur non avendo l’istinto di conservazione della specie, sono molto edonisti. Provano piacere a scaricare uova e sperma nell’acqua, e se ne fottono del fatto che i loro embrioni finiscano in posti malsani, subiscano mutazioni e vengano divorati in drogate orge cannibalistiche e infanticide. Anzi, spesso sono loro stessi che se li mangiano.”

 

“Sì, forse è eticamente più pulito trasformare gli aborti in costosissime creme per la faccia  che in trip.”

 

“Ma forse Lucy è stata molto brava ed ha portato con sé un po’ di diamanti dal mare per queste due povere vecchie larve in attesa.”

Allora io gli do tutto lo psicotropo dei fondali in penombra che mi è rimasto, così non dovrò litigare con Niebieski se me lo trova, perché non ce l’avrò più, ma forse ci dovrò litigare lo stesso perché l’acqua è un fluido e le voci viaggiano più veloci che nell’aria, per chi le vuole sentire.

John mi suona Happiness is a warm gun, George Love you to, dopodiché vengo edotta sulla data della fine della terra, che coinciderà con la morte dell’ultimo Beatles ed avverrà un giorno che non vi posso dire. Ci diamo dentro.

 

Alla fine del party, nel bel mezzo dell’esecuzione di Across the Universe, arriva un’ospite illustrissima, ma a me non è dato di vederla.

 

Vedo solo un’enorme occhio che guarda dentro l’oblò, e poi cado come morta sul colpo.

 

 

“Un biodroide fatto di ritorno dal mondo dei morti e un chirurgo altrettanto fatto che finalmente lo ritrova sul limitare degli abissi. Non saremo una coppia un po’ troppo perversa?”

 

“O dio Dottore, sei tu. Che cosa ci fai qui? Cosa ci faccio io…? …Dove…”

 

“Quando ti abbiamo visto decollare lungo quella spirale ritorta io e Yokanaan abbiamo cercato di seguirti, e quando ti abbiamo trovato tu eri sul punto di perdere uno dei tuoi due strani arti superiori. He he… Carcass… Povero, povero Carcass. Sarà una vita dura per lui con le branchie mutilate in quel modo.”

 

“Grazie, dottore.”

 

“Figurati. È stato un vero piacere.”

 

“Vuoi sapere cosa è successo poi?”

 

“Cosa, Yokanaan?”

 

“Sei morto per quarantacinque minuti terrestri.”

 

“Yokanaan…”

 

“Cosa?”

 

“Io  ho visto qualcosa . Là sotto.”


 

 

 Unknown pleasures

 

Lo scontro con quei tre giustificabilissimi integralisti della specie è stato brutto e doloroso, ma non è stata l’occasione in cui ho perso più anni di vita da quando sto qua sotto.

Tempo fa c’è stato un giorno in cui stavo bighellonando per i fondali col dottore.

Parlavamo di cazzate, e lui alternava risatine trattenute da vecchia zia a scoppi fragorosi ed incontrollati. Quando ad un certo punto l’ho visto sbiancare.

Se non riuscite ad immaginarvi un pesce che diventa pallido, immaginatelo mentre si pietrifica.

 

“Lucido, volatilizzati prima che sia troppo tardi. Sta arrivando qualcosa di molto grosso.”

 

“Cosa dici?! Oggi il mare è trasparente. La cosa più grossa che c’è è quel branco di cavallucci marini, e non mi sembra il caso di togliere il disturbo per loro.”

 

“Non trattarmi come se delirassi, cieco bipede! Io sono un pesce all’interno del mio elemento, e ho un canale pieno di fluido che mi corre lungo i lati del corpo, in comunicazione con le terminazioni nervose. Io posso sentire i movimenti nell’acqua, e ti dico che non abbiamo tempo di discutere!”

No, che non abbiamo tempo. Forme nere velocissime iniziano a saettare nello spazio fra me  e il sole lassù, e la loro ombra mi ricopre. Sono grandi, nere, e tante.

In acqua non ti possono cedere le ginocchia, perché non c’è gravità, inizi semplicemente a risalire pianissimo verso la superficie, e quando lo shock è molto grande ti sembra di scioglierti. Per un attimo misericordioso smetti di pensare.

Poi il tuo cervello registra il dato in questione  ed inizi a colare a picco, perché tutti i tuoi tendini e nervi si induriscono come se fossi già morto.

 

È un pod al completo. I movimenti nervosi e dardeggianti indicano che stanno cacciando, e che hanno fame. Saranno una cinquantina di esemplari.

 

Un’intera tribù di orche.

 

“Avevi ragione figlio, oggi il fondale ci regala sangue dolce.”

 

Un maschio mi arriva addosso, e i suoi occhi mi fissano con odio folle.

 

“Ho sentito il tuo putrido odore da lontano, sporca creatura terrestre. Sono anni che uccido quelli come te, e non c’è niente che mi dia più gioia. Giocheremo a lungo, noi due, dirai addio alla vita un piccolo pezzo alla volta. Il nostro gioco durerà per giorni.”

 

Le sue zanne brillano in un lampo metallico, ed inizia a girarmi intorno. Quando compie un avvitamento ad esse, vedo le cicatrici sul dorso, e capisco.

 

“…Tu sei Maldoror.”

 

Lui sembra perdere il lume della ragione.

Quando parla la sua voce è un ringhio sordo, di bestia.

 

“Come fai a conoscere il mio nome, empia carogna di empia razza?! Chi te l’ha detto ?! Sono stati loro a dirtelo, tu li conosci!”

 

Mi tiene inchiodata con la bocca sul fondo, e stringe sempre di più.

 

Vedo luci nere negli occhi, e dico:

 

“Io non li conosco, Maldoror. È stato Niebieski a dirmi il tuo nome, siete stati prigionieri insieme. Ho capito che eri tu per il tuo odio omicida, e per le cicatrici che porti.”

 

Lui si ferma e mi fissa. Poi mi rovina addosso, e per il dolore mi si mozza il fiato.

Per un minuto perdo l’uso di polmoni e la protesi non mi serve a nulla.

 

“Cosa credi, puttana contro natura?

Che sbandierando le tue conoscenze avrai salva la vita?

Ci rivedremo molto presto.”

 

Io sto oscillando in posizione fetale, senza riuscire a prendere fiato, e quando riapro gli occhi il pod è scomparso.

 

La tribù dello sfregiato non si nutre di delfini, che altrimenti sarebbero prede naturali delle orche.

 

A volte Maldoror viene a stanarmi.

Mi porta sul dorso e mi fa vedere come la sua tribù uccide le balene, gettandosi sui loro sfiatatoi e facendole soffocare. Come torturano le foche prima di dilaniarle, palleggiandosele con colpi di pinna caudale, sopra la superficie.

Io sento i loro pianti folli e vedo i loro occhi.

 

“Un giorno ti ucciderò così.”

 

Poi Maldoror mi porta giù. Mi tiene schiacciata sul fondo finché le mie ossa scricchiolano e io mi metto ad urlare. Mi fa sentire sporca.

 

Alla fine se ne va, ma poi torna sempre. E io lo aspetto.

 


Malattia terrestre

Quello che mi piace dello stare qua sotto sono i ritmi lenti e maestosi.

Tutto è pieno di grazia, con il rumore blu che vibra, e io ho molto più tempo per pensare.

Difficilmente sbaglio. Ma non posso stare qua sempre. Non ne ho neanche voglia.

Niebieski mi dice che secondo lui gli uomini sono tutti malati della malattia terrestre, che non è localizzata in nessun punto del corpo ma fa male in modo praticamente costante, ed è altamente contagiosa.

A volte cerca di guarirmi, e io perdo la memoria. Altre volte mi lascia sola, così io vado alla deriva come un rottame, e alla fine torno su.

 

Devo

Fare

Cose.

 

Stupide cose che non sono capace di fare.

 

Ho capito un fatto.

 

Fuori dal mare celeste sono uno storpio.

 

 


 

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