Come mostra conclusiva della stagione, i Magazzini Criminali propongono una miscellanea fresca ed eterogenea, esibendo in collettiva artisti inediti, pittori navigati da quarant’anni di attività, e un “best of” delle esposizioni passate.
Davide Pradelli presenta una serie di scatoline di legno dipinte in bianco e nero, che ricordano il cofanetto misterioso del film Bella di giorno di Luis Bunuel. Puntinate, a schemi geometrici, decorate con figure zoomorfe simili ad organismi unicellulari, queste scatole hanno al loro interno un oggetto segreto nascosto da una velina, e tentano fortemente lo spettatore a romperle per rivelarne il contenuto; nel frattempo, con un tocco molto leggero, gli pongono degli interrogativi sull’intoccabilità e sull’impenetrabilità dell’opera d’arte.
Silvia Camporesi – che i sassolesi conoscono bene per Morphing, la grande installazione fotografica sul doppio e sugli stereotipi identitari femminili – recupera vecchi dagherrotipi ottocenteschi e li ricrea ponendo se stessa come protagonista. Questo lavoro di ricalcatura iconica riprende la poetica della ripetizione del grande artista giapponese Yasumasa Morimura, utilizzando però l’uomo comune, sconosciuto e anonimo al posto dei mostri sacri dello star-system e della storia dell’arte. Amanda Chiarucci lavora sugli ex-voto e sull’iconografia dei santi, allestendo estemporanei set fotografici dentro le cabine per le foto-tessera, con aureole, tondi floreali, corone, scatoline con iscrizioni alchemiche, ai fini di autoritrarsi. Sunghe Oh propone un blow-up pittorico su due pugni serrati assieme, nei toni basici del bianco e del nero, molto forte e materico. Rudy Cremonini espone un pannello di moduli pittorici che raffigurano persone deprivate a livello emotivo o relazionale, preti, soldati, suore laiche, e i cui modelli sono a quanto pare foto ricordo di morti. All’Informale e alla Narrative Art si rifà Andrea Paganini, con il quadro La vera religione, che mostra un cerchio rosso in rilievo, corpuscolo cellulare o astro, con dei versetti testamentari scritti a mano in calce e una reticella tessile applicata sulla pittura. Silvia Anselmi espone una sedia disfunzionale, avvolta da un tralcio di spine, dipinta di bianco, creando un oggetto inutile, pericoloso e molto elegante. Virginia Micagni si ispira all’estetica decadente degli anni Venti e al codice espressivo fetish, fotografando figure femminili languide e filiformi in contesti di archeologia industriale. Milena Incerti Medici propone un grandangolo su un ampio spazio scuro, gremito di pile di pallet, al centro del quale si erge una bianca figura cimiteriale, la statua di un angelo. La sua ricerca per certi versi ricorda gli allestimenti scenografici del gruppo teatrale Societas Raffaello Sanzio, e ricrea uno spazio simbolico simile allo skyline di una metropoli moderna. Abbiamo anche un’imprevista opera del veterano Nello Medici, Stasera usciamo, divisa spazialmente in quattro blocchi di colore nei toni del verde, del giallo, del rosso e del nero, in cui fluttuano i suoi enigmatici spettri dalle membra smozzicate. La mostra è visibile tutti i giovedì di luglio dalle 20 alle 23.
Pubblicato su L’Informazione il 13 luglio 2008 Download pdf