La civiltà contadina slava ha continuato a esistere identica a se stessa per millenni. Se in Italia è scomparsa, con grande dolore di Pasolini, all’inizio degli anni Settanta, oltre alla Cortina di Ferro è durata di più. Fino agli anni Ottanta ci sono state enclavi in cui, grazie alla memoria degli anziani, in particolare delle donne, era possibile fare viaggi nel tempo. Questi viaggi nel tempo non si limitavano fino al confine della loro giovinezza. Potevano arrivare al XIX secolo delle praterie sconfinate e nebbiose, dei camini fumanti, delle scarpe di cuoio rosso che erano il sogno impossibile di ogni ragazza, oppure fino al XVIII secolo delle cacce di massa agli upiory, in cui cimiteri di interi villaggi venivano riesumati per tagliare le teste ai cadaveri o zavorrarli con pietre e falci, o anche fino all’oscuro XVII secolo, quando la contessa Erszebet Bathory faceva il bagno nel sangue di 600 ragazze. Ci si poteva ritrovare nel Medioevo, inseguiti nottetempo da teste tagliate rotolanti che venivano fermate solo da un cerchio fatto di pigmento benedetto, e si arrivava perfino nella preistoria, in cui numinosi uomini con palchi di corna di cervo erano i Signori Della Foresta, e bisognava pagare loro i tributi, pena la morte. Il tempo di tutti questi millenni è sempre stato identico nei suoi contenuti e nella sua trama tattile, un eterno, sconfinato presente, che può esistere anche adesso. Useremo infatti il tempo presente in gran parte di questa nostra indagine.
I viaggi nel tempo di cui stiamo parlando sono possibili grazie a un’eccelsa, incantevole arte retorica, a un racconto che si dipana nella perfezione assoluta per ore ed ore, e che si è dipanato identico per millenni. Lo hanno proferito milioni di voci, nelle sere d’estate, nei giardini odorosi di gelsomino a guardare la luna piena, nelle stalle delle gelide notti d’inverno, a filare e tessere assieme agli animali con il loro caldo da presepe, nelle izbe bianche, per stregare sposi novelli e bambini, e nelle izbe nere, per creare i legami fra le generazioni.
Siamo sicuri che queste enclavi esistono ancora, assieme a persone come noi che le vogliono documentare, convertendo il canto orale in parola scritta. Witold Vargas e Pawel Zych hanno scritto ad esempio il Bestiariusz Slowianski, una tassonomia illustrata in ordine alfabetico di una parte delle creature fantastiche del folklore slavo, per un totale di 450 pagine e oltre trecento creature. Leggendo fra le righe del Bestiariusz, ci siamo resi conto che le creature del folklore slavo possono essere suddivise in alcuni macrogruppi, che vanno a creare i poli all’interno dei quali si andavano a configurare il significato, gli eventi più importanti e i paradossi della vita nell’eterno presente della civiltà rurale. E quindi in questo e nei seguenti articoli ci occuperemo del folklore relativo alla vita stanziale nella casa, del suo opposto costituito dai viaggi, del lavoro e dello svago, della malattia e della morte, della natura e degli elementi, della cultura e dei suoi fuoriusciti, in particolare le donne, turbolente e sediziose fin dai tempi di Eva. Dedicheremo la nostra attenzione alla sessualità, ai rapporti di genere e alla maternità. Le descrizioni delle creature e delle loro abitudini sono traduzioni libere da Vargas e Zych, la loro interpretazione e collocazione antropologica sono fatte dalla nostra personale prospettiva.
I – LA CASA
I Misteri della Fortuna e della Miseria
La casa è il fulcro assoluto della civiltà contadina, che nasce nel Neolitico quando gli esseri umani abbandonano lo stile di vita nomade, per stanziarsi in un solo luogo per tutta la vita, coltivare la terra, e costruire un solido microcosmo in cui ogni cosa possa convergere. Nella casa si trovava rifugio, riposo e calore dopo il lavoro, si mangiava, si dormiva, si faceva l’amore. Ci nascevano i bambini e vi venivano vegliati i morti. La casa poteva essere un paradiso di benessere o un inferno di angoscia, a seconda di come i rapporti fra i suoi abitanti si allineavano e si intrecciavano, nell’armonia o nella disarmonia, permettendo o meno di costruire, in senso sia concreto che astratto. Un sottogruppo di creature soprannaturali serve a spiegare il mistero della ricchezza e della povertà, come mai alcune case e gruppi familiari prosperano nell’abbondanza e altri invece vengono schiantati dalla miseria. Oltre la fortuna, entrano in gioco fattori più o meno subliminali, come l’operosità, la distrazione, l’incuria, una disposizione d’animo serena, l’abitudine ad accogliere ospiti esterni, la generosità, le buone maniere, le abitudini igieniche, le regole non scritte per assicurare il funzionamento di un cosmo ordinato. Le creature soprannaturali slave preposte alla casa ne tracciano schemi e diagrammi fantasmatici, ma molto reali. Spesso ricordano la natura enigmatica, burlona e piena di personalità di certi animali domestici. Si pongono al confine fra gli antenati morti, i vivi e i mai nati. Andiamo a vedere come, conoscendo queste creature soprannaturali nel dettaglio.
Gli Spiriti Domestici del Folklore Slavo
L’Aitwar è un serpentello con le ali, la coda come una scopa di vimini e il muso di uccello. Entra ed esce di notte dal camino per portare cose ai suoi familiari, soldi, grano, patate, attrezzi. Torna col fiatone emettendo scintille, e brilla quando si muove. È assimilato alle stelle cadenti, le quali, ai tempi del paganesimo, erano viste come vite umane che finivano. La sua natura mercuriale e luminescente è affine a quella sfuggente, indefinibile e mirabile dell’abbondanza e della buona sorte.
Il Bahani è solito zampettare sui muri e sui soffitti, e in cambio di un cucchiaio di latte e cereali fa addormentare i neonati. Gli piace prendersi cura degli animali, e per questo spesso si costruisce un morbido giaciglio nella stalla. Veglia con grande attenzione su tutto quello che è innocente e indifeso, come dovrebbe fare chi è a capo della famiglia. Il Chobold (il Coboldo) assomiglia molto a un grosso gallo o a un gufo. Gli piace il calore delle case umane. Se viene accolto e fornito di un giaciglio confacente e di buon cibo, si sdebita mille volte. Ma se i contadini arricchiti grazie a lui diventavano poi pigri, inizia a operare contro di loro, fino alla rovina. Il chobold è anche molto permaloso: simile a un metallaro con una mania dandy per le buone maniere, odia le immagini sacre, le preghiere, il cibo bruciato e soprattutto i peti accidentali diretti verso lui. Se questa sciagura ha luogo, il chobold se ne vola via dal camino tutto sconvolto, e riempie lo scoreggiatore di pidocchi.Un demone familiare slavo ma che ognuno di noi può incontrare a ogni latitudine e in ogni continente è il Chochlik (da chochla, mestolo di legno, quindi il Mestoloso), che ha la forma di un grosso gatto capriccioso e mangione. Non desiste mai dal fare versi lamentosi, adora fare dispetti e scofana come un pazzo tutto il cibo che riesce a procurarsi, mediante la seduzione, il ladrocinio o l’inganno.
Il Gumiennik (Colui che sta nel gumno, l’interezza del cortile e dei vari corpi di fabbrica della proprietà, vale a dire il Proprietario) ha la forma di un grosso gatto che protegge i depositi di grano. Se non gli porti rispetto, dà fuoco a tutto, con la stessa noncuranza con cui potrebbe far cadere una tazza dal tavolo. Anticamente si usava tagliare l’ultima parte della coda dei gatti neri, in cui a quanto pare stava il loro celebre veleno. Bisognava fare attenzione però, se lo facevi a un gatto che era un gumiennik sotto mentite spoglie, scattava la catastrofe, e la tua proprietà faceva la fine di una chiesa norvegese di legno negli anni Novanta.
Il Botk è un demone domestico distruttivo che spacca e fa marcire ogni cosa.
I Bozatka (le Animucce di Dio) sono anime di bambini non battezzati, silenziose e tenere. Se gli lasci un pasto, proteggono la casa dagli spiriti maligni. Rappresentano la memoria e la nostalgia delle padrone di casa per tutti i loro bambini che non sono riusciti a diventare grandi, in un’epoca in cui le gravidanze erano poco più frequenti della mortalità infantile.
Il re di tutti gli spiriti domestici è il Domownik (Colui che Sta nella Casa), che rappresenta la somma delle anime degli antenati rimaste in casa per aiutare i propri discendenti. Assomiglia a un nonno con barba e capelli bianchi, e vesti lise. Abita di solito dietro la stufa, ed è qui che gli si lasciano offerte di cibo.
Il Nieospiech (Quello che Non Ha Fretta) è un demone a cui dare la colpa se la padrona di casa improvvisamente diventa indolente, lenta e pigra, rimanendo per la maggior parte del giorno in uno stato di stupefazione che fa accumulare le faccende. Così la sera gli uomini tornano dai campi e trovano disordine e la tavola vuota. Sicuramente, visto il numero di gravidanze, la depressione post-parto doveva essere un fenomeno molto diffuso, e inspiegabile se non con mezzi soprannaturali.Il Popielnik (il Cinerino) è una sorta di nano con la testa di gatto che rappresenta le anime degli antenati che vegliano sulla casa. Viene portato in processione una volta all’anno per dimostrare la loro benevolenza. Bisogna ingraziarselo, perché altrimenti fa bruciare la proprietà. La sua tana sta dentro al forno in cui si fa il pane, dove era necessario mettere della legna in più, lontano dalla fiamma, sui cui il popielnik possa mettere le zampine, per non bruciarsi.Il Mruczek (Colui che Fa le Fusa) è un demone domestico innocuo che si sceglie il posto più caldo della casa, soprattutto il retro del forno. Si mette lì e fa rumorose fusa, spaventando a volte i bambini più piccoli.Lo Jaroszek (il Vegetariano) è un demone delle campagne che ricorda un grosso coniglio. Fa finta di essere ferito e si fa inseguire fino alle paludi, dove la gente si perde e sprofonda nel fango. Ma se riesci a prenderlo e a portarlo a casa, perde tutte le sue connotazioni negative e diventa il custode apotropaico, che tiene lontano gli intrusi, caccia i parassiti e fa addormentare i bambini.
I Kauki portano doni, all’inizio sotto forma di spazzatura buttata a terra, come gusci, ciottoli, pezzi di corda. Se i doni vengono accettati e apprezzati, i kauki rimangono, altrimenti se ne vanno via offesi. Vanno nutriti con latte e avena. Aiutano nei lavori domestici, finché non diventi ricco. A quel punto devi fare loro un ultimo omaggio, un guardaroba di vestitini rossi, dopodiché i kauki si ritengono soddisfatti e se ne vanno per sempre, lasciandoti tutte le ricchezze.
I Krosnienta sono molto brutti ma molto utili. Si introducono nelle case degli uomini scavando sotto il letto o sotto il forno. Si danno molto da fare, ma vogliono delle prelibatezze in cambio del loro lavoro, tipo panna dolce, e se non vengono pagati si innervosiscono. A quel punto si mettono a fare danni, seminano disordine, manomettono l’inventario di casa, e infine se ne vanno. Alcuni capifamiglia cercano di imprigionarli, di metterli alla catena come i cani. Ma non è una buona idea. Quando riescono a liberarsi, i krosnieta per rappresaglia rapiscono il primogenito della casata, lasciando al suo posto una bambola di legno. In Slesia ci sono i krosnieta più ricchi, con carrozze trainate da topi, grandi palazzi e grandiose feste di nozze. Nella regione marittima dei Kaszuby ci sono quelli più duri, veri pirati con la pipa fra i denti, che navigano al seguito dei marinai loro protetti dentro a barili, usando cucchiai di legno come remi. Indicano le zone di pesca migliori e proteggono dalle tempeste. Hanno case sotterranee fatte d’ambra.
La Grzenia (Colei che Scalda) è uno spirito della casa benevolo che porta a coloro che vi abitano un buon sonno ristoratore. È il nume tutelare del riposo. Rifà i letti e canta ninnenanne ai bambini. Si occupa anche degli animali e veglia sui loro letarghi.
Il Klobuk sta nei boschi e a volte si avvicina agli insediamenti umani nella stagione fredda, trasformandosi in un uccellaccio nero simile a un pollo e aspettando che qualcuno abbia pietà di lui e se lo porti in casa. Bisogna fargli un nido dentro a una botte e dargli da mangiare tutti i giorni cibi di lusso, come uova strapazzate al burro. Per sdebitarsi, il klobuk porta molte cose utili che ruba agli altri abitanti del villaggio. Rappresenta l’invidia per le cose degli altri, per cui chi fa parte della tua stessa classe sociale e ha più di te ti fa star male, come se quella cosa l’avesse rubata, e l’avesse rubata precisamente a te. Se ti stufi del tuo klobuk, puoi scacciarlo, e lui se ne vola via attraverso il camino. Tutto quello che ha rubato per te si trasforma allora in sterco, esattamente come le cose che accumuliamo dopo averle desiderate, che dopo un po’ ci stancano e si trasformano in spazzatura di cui disfarsi, per sostituirla con nuovi oggetti del desiderio. Il gallo nero, che di fatto è il klobuk, è un simbolo transculturale di magia nera, forse perché i galli neri venivano sacrificati in massa dagli uomini che provavano a piegare la fortuna con mezzi rituali.
La Bieda (la Povertà, la Disgrazia) è una vecchia alta, secca e vestita di stracci. Se si insedia nella tua casa, la malasorte ti perseguiterà fino alla fine. Ha anche una sua utilità, ti rende più sveglio e assennato, e ti insegna a scremare i falsi amici. L’unico modo per liberarsene è passarla a qualcuno, possibilmente un parente spocchioso.
La sua versione maschile è il Dlugi Smyk (lo Spilungone), anche lui secco, alto e stracciato. Quando si mostra, deva essere accolto bene, con cibo e bevande fresche. Se viene maltrattato, il grano smette di crescere, gli animali si ammalano, il padrone di casa inizia a bere, e in breve tutti diventano mendicanti come il Dlugi Smyk che avevano scacciato. Questa credenza riflette l’alone di sacralità che avevano un tempo in Polonia i mendicanti, detti Dziady come le anime degli antenati, con le quali venivano sovrapposti. Abbiamo già trattato di questo argomento nell’articolo allegato.
Uno degli spiriti domestici in assoluto più malevoli è La Kikimora. Si mostra nelle case maledette, quelle costruite sul luogo di sepoltura di un morto o quelle su cui è stato deliberatamente gettato un maleficio. Le case sfortunate attirano i demoni perché per loro il male e l’ingiustizia che vi vengono compiuti sono magnetici per le forze oscure. La kikimora sembra un brutta, piccola vecchia vestita di stracci sporchi. Si insedia nel buio delle soffitte, nell’umido delle cantine, nello sporco delle dispense. Rende la vita impossibile a chi abita con lei, rumoreggiando, piangendo, urlando, portando incubi, con un orribile, ininterrotto pigolio che porta gli abitanti della casa alla follia. Fila la lana e il lino tutta la notte, disturbando il sonno di tutti, e la mattina si scopre che il lavoro è pessimo, che ha rovinato tutte le materie prime, e che il suo scopo era quello. È un demone aggressivo, strappa i capelli alle persone, il pelo agli animali, lancia il cibo, spacca le stoviglie, soffoca i pulcini. Alla fine gli abitati della casa non ce la fanno più, e sono costretti ad andarsene. Ogni anno intorno a Natale la kikimora partorisce la sua discendenza, e la scaccia immediatamente per strada, perché vada a infestare altre case. Per difendersi bisogna appendere amuleti risonanti fatti di vasi rotti, ciottoli bucati, pezzi di lana, lavare gli attrezzi con acqua di felce, bruciare rami di pino, fare linee di protezione col sale. Ma nella realtà ben poco si può fare per una minaccia che è interna. La kikimora rappresenta le case in cui regna la tirannia di una vecchia matriarca affetta da disturbi di carattere o vere e proprie malattie mentali, come lo spettro del narcisismo, il borderline, la depressione. Il suo scopo è manipolare tutti i membri della sua famiglia fino a rovinargli la vita, mantenendo la casa e se stessa in uno stato di squallore, ansia, insalubrità e incuria. La kikimora è in sostanza una donna molto tossica che ha il potere di tenere tutta la sua famiglia in scacco.
La regina di tutti i demoni della fortuna, a cui di fatto tutti i demoni della casa sono collegati, é la Dola (Fato). Essa si prende cura degli uomini e del loro benessere per tutta la vita, e a volte viene ereditata. Se eri un membro della civiltà contadina, per ottemperare alla tua Dola, dovevi alzarti ogni giorno due ore prima dell’alba, lavorare come un pazzo, stringere la cinghia, non lamentarti mai, e allora la tua sorte poteva sorriderti. Ma non era detto. Spesso, dopo decine di anni nei campi, tutto quello che avevi erano calli, ernie e problemi di schiena. Dola era imprevedibile. A volte un contadino nasceva con una dola da mercante, o viceversa, e in questi casi non c’era nulla da fare. Tutto sarebbe andato sempre male. I nostri antenati, a differenza di noi che ci siamo bevuti la fuffa classista della meritocrazia, sapevano benissimo che poche cose nella vita dipendono esclusivamente da noi, dal nostro “duro lavoro” e dai nostri “sacrifici”. Altre entità preposte al destino umano erano le Rodzanice (Quelle della Stirpe), tre donne che comparivano esattamente a mezzanotte del terzo giorno dalla nascita di un bambino nella sua casa, per assegnargli il suo fato. Affinché fossero benevole, bisognava accoglierle degnamente, preparando un banchetto, lavando il bambino e vestendolo di bianco.
Dopo questo primo capitolo sugli spiriti domestici e le semi-divinità del fato, nel prossimo andremo a conoscere i demoni navigatori preposti al viaggio, dimensione che sta all’antitesi di quella della casa. Inoltre, indagheremo le creature del folklore preposte al lavoro e allo svago alcolico.
Stay tuned and enjoy the lore!
Bibliografia
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Witold Vargas, Pawel Zych, Bestiariusz Slowianski, Wydawnictwo Bosz, 2018.
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