Quid est veritas? Questa domanda latina rivolta dal
governatore della Giudea all’uomo di Nazareth trova risposta nell’anagramma est
vir qui adest. Ma l’anagramma è un gioco e comunque il latino non si usa più.
Vuol dire che la verità è chi ti sta di fronte? È nel tuo specchio? Ma nessuno
conosce l’essenza degli specchi e nessuno penetra il loro segreto tranne Alice nel Paese delle Meraviglie
Luigi Pintor
I’m just a vision on your tv screen
Siouxsie and the Banshees
Talché, se ne li corpi, materia ed ente non fusse la
mutazione, varietadine e vicissitudine, nulla sarebbe conveniente, nulla di
buono, niente dilettevole.
Giordano Bruno
So solo che l’unica costante nella storia è il mutamento: il passato si trasforma. La
nostra versione del passato riguarderà il futuro più o meno come il passato in
cui credevano i vittoriani riguarda noi. Non sembrerà rilevante, punto e
basta.
Cayce Pollard ne L’Accademia dei Sogni, William Gibson
The vision has never been met
Joy Division, Komakino
Accompagnami nel Giardino, amore mio, al centro dell’Acqua.
Wu Ming, Manituana
L’elemento stabile di Cayce’s Lab, attorno a cui ruoteranno le mostre dei due anni a venire, è uno specchio. Artificio per dilatare lo spazio, feticcio di vanità, lo specchio è un complemento d’arredo consigliato da molti trattati di Feng Shui, la disciplina che insegna ad armonizzare i flussi di energia negli spazi chiusi. Grazie allo specchio la dea giapponese del sole Amaterasu è stata convinta ad uscire dalla caverna in cui si era nascosta. Uno specchio parlante accompagnava le allucinazioni del disturbo narcisistico di personalità della strega cattiva di Biancaneve. Alice Liddell invece c’è passata attraverso.
Lo specchio è stato un dispositivo fondamentale per i maestri della pittura moderna, da Van Eyck, a Parmigianino, a Velàzquez.
I secoli non sono riusciti ad intaccare la sua natura misteriosa, perché l’immagine riflessa ci appare sempre in qualche misura diversa da ciò che riflette. La duplicazione del mondo dentro lo specchio rappresenta uno dei cardini concettuali dell’arte, ma anche i processi del pensiero, che riflette la realtà e si può definire, non a caso, speculazione. L’allegoria della Nuda Veritas porta uno specchio rivolto verso il pubblico. Lo specchio del Laboratorio di Cayce sarà un incentivo a farsi tutti super-belli per le inaugurazioni, ma anche uno strumento affinchè gli spettatori diventino parte integrante dello spettacolo.
Per far cadere i comodi pregiudizi sulla distanza fra il soggetto guardante e l’oggetto guardato.
KomaKino è la mostra inaugurale di Cayce’s Lab, collegata tematicamente con ottobre, il mese in cui la stagione calda si trasforma in quella fredda. Una mostra dalla doppia fruizione, esterno/ interno. Kino è uno dei capitoli focali de L’Accademia dei Sogni. Primo romanzo della trilogia sulla comunicazione di William Gibson, la sua protagonista logofobica, Cayce Pollard, ha dato il nome al Laboratorio di via Carteria 26. Nel capitolo Kino viene sciolto il nodo centrale della trama, ovvero la provenienza delle sequenze caricate in maniera anonima nella rete, la cui bellezza è talmente evocativa, dolorosa e seducente da aver generato un vero e proprio culto, una subcultura con adepti che speculano sul loro significato e sulla loro origine. In russo, kino significa cinema, dal radicale greco kinesis, movimento. Come il visual set in esterno. Nello spazio interno, invece, per suggerire il sopraggiungere dell’inverno, forme d’arte che raccontano di chiusura, di raccoglimento, della preparazione alla dimensione comatosa del letargo.
Alessio Bogani presenta un’installazione site-specific, un esperimento interstiziale fra il mondo minerale, vegetale ed umano, sui passaggi di stato e sui cicli di morte e rinascita. L’installazione Vivarium si collega al nuovo nome dello spazio di Via Carteria 26, impiegando una serie di vetrerie alchemiche per suggerire l’idea del laboratorio.
All’interno dei contenitori di vetro troviamo degli oggetti esteticamente poco attraenti, ma molto interessanti a livello semantico. Le muffe sono degli organismi ibridi, a metà strada fra il vegetale e l’animale. Fanno parte della famiglia dei funghi e sono gli agenti della putrefazione.
Sempre nel segno dell’ambiguità, le spore delle muffe possono generare allergie e lesioni polmonari, ma anche portare alla scoperta di antibiotici fondamentali come la penicillina. Alessio Bogani impiega le muffe come metafora della trasformazione, che non può avvenire senza passare dalla dissoluzione di quello che c’era prima. All’interno di Vivarium viene presentata una scatola, una singola, densissima opera ispirata al secondo romanzo di Gibson, Count Zero. Quest’opera rimarca la connessione fra Cayce’s Lab e la poetica del padre del cyberpunk, per la sua attenzione all’arte, alla comunicazione, alla controcultura, e, naturalmente, a tutto ciò che riguarda la parola scritta.
Bogani apre una finestra dentro le mura di Cayce’s Lab, mediante un quadro che rappresenta un giardino. In questa zona di confine fra gli spazi antropizzati e il regno della natura, l’uomo, attraverso le sue epoche, ha allestito geometrie della conoscenza, labirinti della seduzione, rappresentazioni dei mostri del subconscio.
Valicando la finestra virtuale si passa all’esterno, dove Colette Baraldi presenta un visual set . Fra geometrie psichedeliche, ritmiche di sapore impressionista e giochi desublimanti, questo esperimento cinetico di luce rivelerà – a chi saprà coglierlo – un manifesto programmatico del Laboratorio. L’opera di Colette Baraldi riflette l’essenza della visione, dell’apparizione, del miraggio. Il visual set, ascrivibile alla famiglia artistica dei new media, trova le sue origini più lontane nei dispositivi ottici che hanno portato alla nascita del cinema. Gli spettacoli di ombre articolate, le lanterne magiche, i prassinoscopi, che a loro volta affondano le loro radici nei rosoni di vetro policromo delle chiese romaniche e gotiche, concepiti per proiettare il loro contenuto con una vaga traccia di movimento, data dallo spostamento diurno del sole.
Nel nostro secolo le proiezioni luminose vengono riproposte con gli spettacoli psichedelici del revival vittoriano controculturale degli hippy, e trovano il loro pieno sviluppo con la diffusione del personal computer, nel contesto dei rave illegali.KomaKino è anche un disco a sette pollici del 1980, dei Joy Division, la supernova che con un’unica esplosione ha creato post-punk, dark e new-wave, e dalle cui ceneri è nata la scena elettronica di Manchester. I Joy Division suggeriscono il titolo di testata Unknown Pleasures, la fanzine punk-rococò che documenterà tutte le iniziative di Cayce’s Lab. Cayce’s Lab, in occasione di KomaKino, si trasforma in Wunderkammer multidimensionale, che si mostra in scala crescente, dal dettaglio, all’allestimento interno, fino alle fantasmagorie in esterno.
Testo critico e curatela della mostra personale di Alessio Bogani KomaKino, con visual di Colette Baraldi, inaugurazione 7 ottobre 2012 presso Cayce’s Lab. Pubblicato sulla fanzine cartacea autoprodotta Unknown Pleasures, numero zero, elaborazioni grafiche di Francesca De Paolis.