Il mondo sacro ebbe sempre, entro il paganesimo, una faccia pura e una impura, la prima maestosa e l’altra maledetta. L’una e l’altra parte di quel mondo erano egualmente sacre, egualmente lontane dal mondo profano. In effetti il cristianesimo ha colto il carattere divino del diavolo, ma ha evitato di riconoscerlo. Vi furono, ai suoi occhi, da una parte il mondo divino della luce, dall’altra le tenebre in cui il mondo profano e quello diabolico associano i loro destini miserabili. (…) Questa divisione implica un cambiamento del significato morale di erotismo. (…) L’erotismo diviene il male inespiabile, e quasi l’essenza del male.
Georges Bataille
Due ragazze sollevano le gonne e mostrano i loro genitali, uniti da un arcobaleno arrotondato che potrebbe essere una cannula da catetere per scambiarsi i fluidi oppure un giocattolo erotico per uso comune. Biancaneve ha messo rubini finti nei capelli e troppo ombretto blu per farsi montare da una bestia nera, una scimmia con labbra viola e collane lucenti di bigiotteria da drag queen. Una dea con quattro gambe iper-snodate esibisce il suo pube fasciato di rosso ed incorniciato di diamanti. Quello di Elena Monzo è un universo fortemente erotizzato, pulsionale e palpitante, imperfetto, malato, spesso infernale, in cui ombre smozzicate ci offrono un elegante campionario di psychopathia sexualis.
A livello tecnico, il nucleo generativo dell’opera di Elena Monzo è una grande dedizione alla linea, che plasma corpi accuratamente delineati nei loro difetti, nei seni cadenti, negli eccessi di carne appoggiati un po’ oscenamente agli orli della biancheria. Questa linea generativa, alla base di ogni operazione tecnica ulteriore, può avere varie andature e vari ritmi, anche contemporaneamente. Può essere tagliente e netta. Può essere ribattuta come a formare contorni duplici, come se intorno al corpo ci fosse una nebula pulsante da eccesso di eccitanti, o come se i contorni si sdoppiassero a suggerire la progressiva decadenza delle forme. Può essere anche una linea delicata. In tutti i casi c’è sempre un’estrema sicurezza nei tracciati, e intorno a questi perimetri fatti con mano di chirurgo vengono costruite le opere, aggiungendo particolari evidenti, riccioli fucsia, unghie laccate di rosso, trine, merletti, dolci con cui stordirsi, strati di tessuti preziosi come corolle, frutti da mordere.
Monzo ama creare innesti umani aberranti, veri e propri incubi erotici al di là di ogni immaginazione. In Suerte Vattelapesca (2008), fra due visi dipinti dell’opera cinese, vediamo un corpo accucciato con guanti di gomma fino al gomito che effettua una perquisizione chirurgica dentro ad un altro corpo disteso, col volto nascosto, frugando dentro due squarci rossi all’altezza della gola e del ventre. Similmente in Testa Coda (2008) assistiamo ad un girotondo dantesco di corpi carponi, in cui le teste degli uni scompaiono nelle cavità genitali o escretorie degli altri, causando cascate di rivoli filanti. Una piccola Nike vestita di nero, senza testa e con i piedi amputati, campeggia seduta su una delle schiene della brulicante creatura. Due anni dopo, ricompare lo stesso incubo in Catena di Sant’Antonio (2010), con colori più fluo, teste cornute, dita che si vanno a conficcare negli orifizi.Marshmallow Women (2009) è un mostro con testa taurina, un Frankenstein che si compone di più corpi tenuti insieme da filamenti zuccherini glassati, con coni gelato sui seni, piccoli ventagli cinesi che svettano sui capezzoli, formiche che pullulano attirate dallo zucchero. Dolci che vanno a legare pezzi sanguinolenti di carne compaiono anche in Miss Candy (2009), dove la protagonista divarica le gambe tagliate su un grumo di budella, panna montata e sangue.
Ma non bisogna credere che le opere di Elena Monzo presentino connotazioni gore, questo non avviene mai. Tutto è sempre estremamente pulito, come il packaging di un giocattolo erotico dai colori pastello fatto su progettazione, o come la carta di riso che va ad avvolgere corsetteria d’alto bordo. I contenuti cruenti appaiono solo in fase analitica.
Tutta la produzione di Elena Monzo rimane focalizzata sul corpo femminile, presentandone esemplari eccitanti, perversi ed imperfetti. Come quello di Creme Caramel (2007), con gambe esageratamente divaricate, cappuccio rosso aderente al capo ed autoreggenti lilla. Questo corpo con candeline di compleanno piantate nelle scapole, legato con una lucida corda di plastica color carne, depone un ricciolo bianco di crema dentro ad un pirottino da pasticceria di carta viola, alludendo forse a pratiche parenti del felching.
La maggior parte di questi corpi sono come statue che non hanno retto l’usura del tempo, perdendo voluttuosamente pezzi. Hanno gambe amputate al ginocchio, come per perversione acrotomofiliaca, ovvero l’attrazione erotica nei confronti di persone mutilate. In Cenere (2007) una donna brutta senza piedi cammina su stampelle sorrette da omuncoli neri.Nell’anno 2009 alla linea si vanno ad aggiungere innesti polimaterici che, con il passare del tempo, andranno a comprendere il cartone, la carta velina, i pizzi, le unghie finte, i fiocchi di plastica e le carte luminose da confezione regalo. Si crea nello stesso tempo un’ambientazione più definita, quella della casa chiusa, le cui prostitute iniziano a portare nomi d’arte. Nomi da bordello, come appunto Miss Candy, Miss Luxury, Miss Mouth, Miss Truth. Miss Mouth ha una bocca morbida e lunghe ciglia finte per non perdere il contatto visivo quando occorre, Miss Truth svela la verità ultima chinandosi in avanti fra pizzi e piume. Una di queste prostitute ha dato alla luce un bambino, il New Jesus con un’aureola di piccole stelle, che cerca il capezzolo consumato della madre. La madre, il cui volto rimane fuori campo, indossa un bolero che le incornicia il seno e guanti senza dita che scoprono unghie smaltate di rosso. Ha regalato al bambino una scimmietta di peluche, perché gli vuole bene, o forse per compensarlo dell’amore che non gli darà. Intorno a loro brulicano formiche. Cinque anni più tardi Gesù riceverà in dono una sorellina, Jesus’ Sister (2014). La madre ne effettuerà un’ostensione frontale, in piena maestà, avvolta in strati di tessuti preziosi che ne mettono in evidenza gli attributi sessuali, con una corona di tubi che si intrecciano sul capo come serpenti medusei. La bambina porta in testa un diadema con una croce, mentre Gesù ne ha uno simile a quello della madre, alla cui gamba si aggrappa con devozione. È un bambino effemminato, con capelli fluenti, ciglia lunghe e vesti stellate, come il figlio di Sarah in Ingannevole è il cuore più di ogni cosa. “Ingannevole è il cuore più di ogni cosa, e incurabile. Chi lo può conoscere?”, recita Geremia al versetto 17, 9.Ritroviamo le formiche anche in Principessa sul Pisello (2009), in cui sugli strati dei materassi della fiaba giacciono quattro figure, con capezzoli rosso fuoco. Sopra ai loro corpi volano farfalle dalle ali cangianti e dai loro sessi fuoriescono degli imenotteri. Le formiche sono animali comunitari, con una regina al vertice. Ci sono specie di formiche in grado di divorare fino all’osso carogne di grandi mammiferi. Le colonie di questi insetti costruiscono fastose dimore sottoterra, e quindi rappresentano le forze pulsionali sepolte nell’inconscio, come l’orecchio brulicante di formiche di Velluto Blu (David Lynch, 1986) o la mano di Un Chien Andalou (Luis Buñuel, 1929). Le formiche rappresentano l’operosità, e l’operosità è simbolo di redenzione. Quindi l’operosità sessuale delle prostitute di Elena Monzo le proietta nella sfera del sacro, in cui la pratica del sesso porta alla salvezza.
In Side A (2009) vediamo tre signorine allineate che mostrano la loro natura, paragonandola a cose allettanti: una cascata di fragole e caramelle, una croce annegata nel blu per la più devota, che si inginocchia talmente spesso da avere rivoli di sangue glitterato sulle ginocchia, oppure qualcosa di carnoso e sporco, da stringere spasmodicamente fra le dita.
In Side B (2009) viene mostrato invece l’altro lato, in una cornice sempre più feticistica e rococò di pizzi, trine, strati di tessuto che vanno a delineare le giunture delle ginocchia e l’orlo delle gonne sollevate. Altrettanto feticista è l’evidenza data ai guanti delle mani che mostrano il lato b, tutti neri, uno classico lungo fino al gomito, da Gilda, uno senza dita, l’altro con le ossa disegnate in bianco su nero, da fan delle L7. La stessa tassonomia figurativa compare in Delicatessen, esasperando ancora di più gli strati morbosi di calze, reggicalze, ginocchiere, parastinchi, collant. Intorno alle quattro ragazze ci sono automobili da poco, come quelle che fanno le ronde nei bassifondi della prostituzione. Sopra di loro invece ci sono diamanti. Sulle loro mutande campeggiano delle lettere che vanno a comporre la scritta “EAT SHIT!”.
Questo violento ed osceno imperativo alla coprofagia ha origini mitiche, che si collegano all’archetipo femminile, come nel caso della dea azteca Tlazolteotl, preposta al parto e al coito. Tlazolteotl ingoia ed espelle escrementi all’infinito, che la contaminano e la purificano nel medesimo tempo, similmente alla dea romana minore Cloacina, che compie la catarsi del sesso all’interno del matrimonio e che ha dato il nome alla Cloaca Maxima. Secondo Bataille le idee di sporcizia, contaminazione ed oscenità sono alla base dell’erotismo, quella forma mentis peculiare dell’essere umano per cui la sessualità, come la morte, viene caricata di significati-ombra.Nel 2010 ritorna l’indagine sui volti, ne vediamo due in particolare, la donna montata da dietro in Burning Man, e la Danae sognante e lesbica di Inside, la cui pancia viene inondata da un getto rosa puntinato, mentre intorno a lei fluttuano bianche meduse urticanti. I volti di Monzo sono sempre un po’ sconci, sfatti, vagamente volgari, e spesso hanno connotazioni da possessione diabolica.
Nel 2011, con un procedimento alchemico al contrario, l’albedo si trasforma in nigredo, e il nero sostituisce il bianco degli sfondi. Questa massa caliginosa va ad incorniciare creature sempre più sfacciatamente demoniache, come le due puttane da strada di By Night, con occhi rovesciati all’indietro, vestiti sporchi, ghigni sorridenti, lingue appuntite e dita che vanno a formare il segno di Satana. Segno che tornerà anche in Roots Bloody Roots (2012), in una cornice di pellicce fluenti e fragole afrodisiache.
Il demoniaco si trova in abbondanza anche in Osaka Party, in cui c’è una triade di streghe aureolate e ghignanti, due delle quali stanno costringendo un paio di studentesse con codini Sailor Moon a praticar loro un cunnilingus.
Hell is Around the Corner, l’inferno sta dietro l’angolo, recita il titolo di un’altra opera, che è anche il titolo di una canzone di Tricky, in cui l’inferno coincide con il rifugio, e in cui viene fatto un ammonimento: “We’re hungry, beware of our appetite.”
Demone (2014) cita una fotografia di Bob Carlos Clarke, e la intensifica con significati perturbanti: gli occhi si rovesciano all’indietro a far vedere le sclerotiche azzurrine, la lingua si allunga fuori come quella di Kali la Nera o quella della Gorgone. Queste due figure mitologiche sono profondamente ambivalenti, distruttrici e divoratrici, ma anche nutrici: il loro sangue può resuscitare i morti. Fare la linguaccia fa parte della gestualità tradizionale del diavolo. Il Demone di Monzo ha capelli scomposti, gengive irrorate di sangue, mani adunche e nervose con cui si schiaccia i seni. All’altezza del suo sesso ci sono due piume, mutazione delle antiche scaglie da rettile e simbolo di stati percettivi alterati e della natura mobile del desiderio.
Un’altra creatura demoniaca è Bar_bella (2013), statuaria con il suo trucco sfatto, le scultoree maniche a palloncino e la gorgiera. Il diavolo si rivela nel fatto che, mentre la parte superiore del corpo si mostra frontalmente, la parte inferiore è ruotata di centottanta gradi, mostrando le natiche inguainate nelle calze a rete.Le Corrosioni di Ochun (2013) cita una dea del pantheon Orisha, le divinità Yoruba importate in America con le navi degli schiavi, da cui sono derivati i Loa del Vudù. Ochun è la Vergine della Carità del Cobra, la patrona delle acque dolci e del miele. La sua seduzione è irresistibile, ama cantare, preparare filtri d’amore, è intima del dio della guerra e possiede le chiavi della felicità degli uomini. In alcune personificazioni è armata di machete. In certe versioni del mito Ochun deve prostituirsi per mantenere i suoi figli. Nell’opera di Monzo gli attributi della divinità vengono citati nell’aspetto da prostituta e dalla sagoma del copri-spalla scolpito che va a delineare la forma del cappuccio di un cobra.Nel 2012 Elena Monzo sposa il setting da bordello con quello del circo.
Anastazie è un’acrobata che vola minacciosa come un predatore nel momento del balzo, con un copricapo rosso irto di corna e un volto in rilievo sulle mutandine del costume, un po’ come i demoni raffigurati nell’arte a cavallo fra Quindicesimo e Sedicesimo secolo, che presentavano facce bestiali all’altezza delle pudenda. Evka è una contorsionista che riesce a reclinarsi all’indietro fino a infilare la testa in mezzo alle gambe, sotto al bacino, facendo oscillare le proprie lunghe chiome blu a pochi centimetri dai sandali col tacco rosso, come un demone deforme di Bosch o Bruegel. In Fil Rouge una trapezista penzola su uno sfondo nero, con le gambe fasciate di molteplici strati a rete infilate negli anelli.
Ha un’elaborata acconciatura in stile orientale e solleva il viso, che è ebbro e lascivo, come quello di Gabi, un’altra contorsionista capace di aprire le gambe a più di centonovanta gradi, appoggiandosi un piede sulla spalla.
Parlando la lingua dell’eros, Elena Monzo rappresenta spesso rapporti simbiotici. Le due creature mascherate di Gastrite (2008) si tengono per mano, mentre sui loro corpi emergono tracciati patologici, ad evidenziare grappoli di noduli all’altezza dei seni e aree doloranti negli addomi. La simbiosi può essere così spinta da sconfinare nella gemellarità siamese, in doppi che si fondono uno nell’altro, attaccati attraverso il bacino o le spalle. In Milk Shake (2007) da un corpo che sembra un carapace spuntano due teste sgraziate che ammiccano nella stessa direzione reggendo un missile. All’altezza dei genitali hanno un segno rosso che potrebbe alludere alla deflorazione o al menarca.
Barbie & Smile (2014) amano vestirsi di colori sgargianti, brillantini, stelle, cuori, scritte calligrafiche giapponesi, come due lolite dai capelli fosforescenti nelle strade di Shibuya.
In Ectoplasma (2014) due ragazze giocano alla cavallina, in un’avvolgente atmosfera di colori pastello da Maria Antonietta, rosa baby, rosa pesca, lilla, grigioperla. Quella che sta sopra indossa una specie di razzo propulsore sulla schiena, per decollare come l’uomo volante del circo.
La fusione simbiotica si può attuare anche nelle forme della transessualità e del travestitismo, come in Berretti Neri (2007), in cui compaiono creature con lineamenti duri, sorrisi beffardi, corpi minuti, seno ma anche fianchi maschili e conchiglie sul davanti. Oppure come nel caso delle regine baffute di The Queens, con spalle larghe, muscoli potenti, rossetto sbavato e copricapi a punta da eretico. O ancora in Trans (2006), dove la protagonista sopperisce alla mancanza di ghiandole mammarie infilandosi nel reggiseno un limone. A meno di non diventare donne, gli uomini non sono ammessi nell’universo di Monzo, nemmeno nel ruolo di Adamo al fianco di Eva, cacciata dal paradiso terrestre e incinta di Caino.
Elena Monzo dichiara il suo amore per la deformità, con corpi gobbi, sottoposti a stiramenti o torsioni, membra mancanti o incomplete, volti deformati da smorfie o da difetti. Contorsionismi erotici e mummificazione compaiono in PVC (2007), dove la protagonista è colta in una posizione yogica straordinaria, o in Spezzatino (2007), in cui una ginnasta si rovescia all’indietro fino a toccare il pavimento con la fronte, esibendo una culotte piene di trine. In Sacco (2007) un corpo calzato di stivali glam rock e vestito con un body e una maschera di pvc ne porta un altro rovesciato e rannicchiato in grembo. In Idolatria una donna con corpo ed occhi bianchi si piega all’indietro fino a toccare con la testa il retro della giuntura delle ginocchia. Ai suoi piedi ci sono due figure incappucciate che leccano avidamente le sue glass-shoes.
Come è già emerso dalla nostra analisi, nelle opere di Monzo ha un ruolo di primo piano il feticismo dell’accessorio erotico, con reggicalze, guanti, autoreggenti, lattice, tutto ciò che delimita una parte del corpo isolandola dal resto, come se fosse un pezzo cadaverico, o la cornice di una reliquia da venerare. In Blood (2007) c’è una figura schiacciata sulla parte alta del dipinto, come un vampiro che si muova strisciando su muri e soffitti in preda ad idrofobia sessuale. Ha scapole appuntite ed indossa tacchi a spillo rossi con suola color magenta. Feticci sono i guanti neri di Frida (2007), i capezzoli dipinti di rosso come quelli delle prostitute di Babilonia di In Scontro (2007) il tanga filiforme e gli stivali di pelle color crema di Parimpampou (2007).
Ci sono episodi di ematofilia, l’interesse erotico/estetico per rivoli di sangue, che escono dalla bocca o si manifestano in epistassi dalle narici, e un magnifico esempio di vomerofilia, in Confetti, in cui una pattinatrice illuminata da tre tubi colorati al neon si mette in punta sulle sue lame affilate e si curva in avanti a vomitare stelle filanti rosse e bianche.Un’altra componente importante dell’ultima produzione di Monzo sono le suggestioni provenienti dall’estremo Oriente. In Rehab una performer si erge in posizione del cavaliere su un paio di gao di xue zi, gli stivali rialzati da terra utilizzato dagli attori maschi nel teatro cinese. In mano porta grappoli di ventagli, simbolo di leggiadria muliebre e strumento che serve ad attizzare il fuoco.Alcuni di questi elementi sviluppano caratteristiche già presenti nella poetica dell’artista, ad esempio la stratificazione delle vesti, che diventa un’arte rigorosa e profondamente erotica nell’ambito dei kimono, con sovrapposizioni fino a dodici capi nel Giappone del periodo Hejan. Vediamo esempi di questo gusto in Caffè Nero, in DJ set e in Wigwam, in cui i paramenti stratificati giapponesi compaiono abbinati al feticismo per i capelli espresso dallo shimada, lo chignon tradizionale delle maiko.Perversione, feticismo, prostituzione, erotismo, demonologia e sfera del sacro, questi sono i contenuti dell’arte di Monzo. Alle sue puttane sacre Elena Monzo accosta spesso due simboli, la farfalla e il diamante. Il nome spagnolo di farfalla, mariposa, è sinonimo di prostituta. La farfalla compie una mutazione incredibile, al seguito della quale si nutre solo di zuccheri e vive per poco tempo, rappresentando così la natura effimera e meravigliosa del desiderio. Il diamante invece è emblema di forza, potenza, e secondo i testi tantrici possiede uno degli attributi del Buddha, shunyata, il dono supremo della vacuità. L’opera Like a Virgin riassume il paradosso simbolico nascosto della figura della cortigiana: la prostituta, nella misura in cui non si fa coinvolgere e non contamina la propria mente con il virus della cupidigia d’amore, è al di là di ogni possesso e quindi simbolo di purezza. Gli estremi si rovesciano uno nell’altro. La demonologia entra in ballo perché queste creature, con il loro richiamo ad abbandonarsi al piacere, invitano a trascurare ciò su cui si fonda la civiltà, il lavoro, la violenza e la predazione, per abbracciare la violenza purificata del sesso.
Bibliografia
The Archive For Research in Archetypal Symbolism, Il libro dei simboli. Riflessioni sulle immagini archetipiche. Taschen, 2011.
Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Biblioteca Universale Rizzoli, 1986.
Georges Bataille, Le lacrime di Eros, Bollati Boringhieri, 1995.
j.t. leroy, ingannevole è il cuore più di ogni cosa, Fazi Editore, 2002.
Sulle parafilie http://www.psicologoinrete.com/sesso-psicologo-enciclopedia-023.html
Sull’acrotomofilia http://bizzarrobazar.com/2009/08/20/acrotomofilia-apotemnofilia/
Su Ochun il testo di Manuela Caregnato http://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Dee_Oshun.htm, le cui fonti sono http://en.wikipedia.org/wiki/Ochun, e http://www.alocubano.com
Sulle pettinature tradizionali giapponesi http://www.immortalgeisha.com/hairstyles_maiko.php
Sul teatro cinese http://www.teatrocinese.it/storia/storia10.html
Per tutto il resto www.wikipedia.org
Si ringrazia Luna Zanni per la consulenza in lingua cinese.