« Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l’altra si spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le dispiaceva di rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche del suo busto, sempre con l’intenzione di morire e mangiai dei cocci di vetro: non accadde nulla. »
Leonarda Cianciulli
« Non potevo sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sognavo le piccole bare bianche, inghiottite una dopo l’altra dalla terra nera… per questo ho studiato magia, ho letto i libri che parlano di chiromanzia, astronomia, scongiuri, fatture, spiritismo: volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli. »
Leonarda Cianciulli
« Gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comprato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi e che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io. »
Leonarda Cianciulli
« Finì nel pentolone, come le altre due (…); la sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce. »
Leonarda Cianciulli
Una suora del carcere la ricorda in questo modo: «Malgrado gli scarsi mezzi di cui disponevamo, preparava dei dolci gustosissimi, che nessuna detenuta però si azzardava a mangiare. Credevano che contenessero qualche sostanza magica.»
Una delle modalità essenziali dell’arte contemporanea, uno dei suoi più profondi segreti, consiste nella scelta del soggetto. Se questa scelta è azzeccata, l’opera si trasforma in uno specchio magico. Uno specchio che riflette sia il mondo che l’osservatore, evidenziando zone cruciali della cultura da un punto di vista nuovo, e raccontandoci di quello che siamo nel profondo e che ancora non sappiamo di essere.
Il ciclo pittorico di Corrado Tamburini è interamente dedicato a Leonarda Cianciulli, nota alle cronache come la saponificatrice di Correggio. Ma al di là di questo titolo da strega postmoderna, la Cianciulli è stata tante altre cose, trasformandosi in continuazione fino alla morte, come esige il codice archetipico del Mutaforma. La sua identità riesce a riunire tutto e il contrario di tutto, in un incessante divenire altro.La violenza, la malattia, l’emarginazione e la negazione dell’amore primario sono le cifre della sua infanzia: frutto di uno stupro, rifiutata e maltrattata dalla madre e dai fratelli, epilettica, circondata da amici immaginari, Leonarda ha incubi tutte le notti e tenta il suicidio varie volte prima di compiere dieci anni.Solitudine, Incubi e Suicidio sono le tele che Tamburini dedica alla piccola Nardina. Solitudine e Suicidio tratteggiano figure antropomorfe che sembrano feticci vudù di rami legati fra loro, come nel film The Blair Witch Project.Linee nervosissime, tracciate con violenza, che si intersecano spesso in X e croci, simboli grafici del confronto, dell’annullamento, della cancellazione, della privazione di senso, dell’opposizione. Sono le stesse trame lineari che compaiono in Le Vittime e in Nove, che raffigura in numero rituale di parti in cui la Cianciulli smembrava le donne che cadevano sotto la sua mannaia. Incubi ha un’atmosfera più rarefatta, con colori pallidi e spettrali, e le stesse forme morbide che ricorrono in Bambino Nero, il quale infatti rimanda ad un altro incubo decisivo della saponificatrice, quello che la indusse a iniziare la sua carriera di assassina seriale.Nonostante Tamburini non dedichi spazio alla giovinezza di Leonarda, è opportuno sottolineare la sua prima trasformazione, da problem child in adolescente brutta e mascolina, ma precocemente ed assiduamente dedita al sesso, con molteplici partner.
Poi Leonarda cambia di nuovo: sposa ribelle contro il volere materno, terremotata d’Irpinia agli inizi del Novecento, emigrata dalla provincia di Avellino a Correggio. Donna gravida per diciassette volte, con solo quattro figli vivi all’attivo. Quindi donna emancipata, che caccia il marito nullafacente e si sceglie gli amanti. Poi donna manager, con tanto di villetta, domestica e fiorente commercio di abiti usati. Fascista convinta. Simpatica e benvoluta da tutti in paese, nonostante il suo status di immigrata, di esterna, di straniera.
Leonarda era una maga del marketing: antesignana meno sbracata di Vanna Marchi, coniugava la sua attività commerciale con quella di fattucchiera/cartomante. Conosceva, sondava, manipolava. Piegava al suo volere. Come gli strateghi del desiderio all’opera nell’advertising, la Cianciulli faceva leva sui sogni e sulle mancanze, prometteva lavoro, amore, possibilità di riscatto. Poi scannava, squartava, faceva sparire.
In un’exploitation totale delle vittime, si impadroniva di soldi, vestiti, gioielli, e da casalinga provetta non buttava via niente: trattava il corpo con la liscivia e ne faceva sapone, esattamente come l’alleato germanico nei campi di sterminio, proprio in quegli anni. Ma Leonarda riusciva a spingersi anche oltre: riciclava il sangue per farne dolcetti speziati al cioccolato, li offriva alle amiche e ai figli, e li mangiava lei stessa.
Di questi eventi raccontano le tavole Ladra, Bolle, Doni. Tamburini utilizza colori esangui, grigi fumosi, bruni, azzurri spenti, neri antracite, tutti colori che richiamano il livore della morte. Oscilla fra un segno delicato, fatto come in trance, e uno grossolano, carico di furia. La sua stilizzazione della figura umana ricorda l’Art Brut di Dubuffet, e quella temperie informale che voleva rappresentare il caos della follia e dell’infanzia.
La Cianciulli è l’antesignana (o l’incarnazione) di tante maschere cinematografiche e letterarie. Come la Carrie di Stephen King, zimbello del liceo, brutalizzata dalla madre, si prende la sua rivincita e da vittima diventa carnefice, ma invece del secchio di sangue di maiale ha il calderone di soda caustica.Come Mrs Lovett, -l’Helena Bonham Carter di Sweeney Todd- ricicla resti umani nella sua cucina.Come Tyrell Durden di Fight-club, fa saponette con il grasso umano, ma è meno politicamente corretta, perché non si rifornisce nelle cliniche per liposuzioni ma direttamente alla fonte.
Come Hannibal Lecter coniuga le raffinatezze culinarie con il piacere del cannibalismo.
Tamburini raffigura la Cianciulli in una sagoma stilizzata avvolta da un denso alone d’ombra scura, con una bocca da orco irrorata di sangue, e il ventre arrossato dalle gravidanze, dall’ossessione dei figli e della madre. Leonarda ha zampe di gallina come il diavolo nelle tradizioni nord-europee, o come la casetta della strega Baba Jaga.Perché Leonarda è una strega sul serio, e come insegnano Hansel e Gretel, i dolci delle streghe è sempre meglio non mangiarli.
Testo critico scritto in occasione della personale di Corrado Tamburini Le Bolle di Nardina, inaugurazione 7 marzo 2009 presso Magazzini Criminali. Link