Dopo la carrellata sulle specificità di alcuni maestri del Gotico Monocromo che abbiamo fatto nello scorso articolo, ora vedremo i motivi figurativi ricorrenti in questo stile, i loro significati simbolici e i modi in cui sono stati sviluppati dai quindici artisti del Gothic Blackwork che abbiamo scelto di indagare.
CERVO
Già nelle incisioni rupestri del Paleolitico vengono raffigurate creature maschili ibride, spesso con teste di cervo provviste di grandi palchi: sono i signori della vegetazione che muore e rinasce, allo stesso modo delle corna degli ungulati, che cadono e ricrescono più forti ogni anno. Queste figure semidivine sono anche i Signori degli Animali, preposti al loro governo, soprattutto a quello degli animali che vengono cacciati dagli uomini. In epoche più recenti queste creature vengono chiamate in vari modi, Pan in Grecia, Leshy in Russia, Borowy in Polonia, Cernunnos presso i Celti. Come Ermes, anche Cernunnos è un dio psicopompo, la cui funzione è quella di accompagnare le anime dei morti nell’aldilà. Oltre all’idea di morte e rinascita, la simbologia del cervo si collega quindi anche a Mercurio, come dio, ma anche come elemento, per la sua natura mobilissima ed incline a sparire con la stessa fulminea velocità con cui appare. Le simbologie relative al maschile e al femminile sono profondamente connesse con la sessualità e le modalità dell’orgasmo. Se il simbolismo femminile è collegato all’idea di un processo circolare, che tendenzialmente non si esaurisce, in cui vita e morte sono profondamente interconnesse, il simbolismo maschile si lega all’idea di due momenti distinti di morte e resurrezione. Il cervo è un simbolo maschile, che si collega anche al mito cristologico. La croce compare fra le corna del cervo nella visione di Sant’Eustachio.
Valentin Hirsch raffigura un cervo azzoppato, in cui la zampa mutilata viene sostituita con una protesi, come a dire che nessuna mancanza può precludere il processo di rigenerazione. La mutilazione, la mancanza costitutiva, è spesso uno degli attributi dell’eroe. In un altro lavoro di Hirsch c’è un cervo sopra la cui testa si inscrive una piramide ed una mano, al cui centro si apre un occhio. Piramide, mano ed occhio sono simboli di divinità, potenza creatrice, onniscienza ed onnicomprensività.Il cervo di Marco Matarese è raffigurato mentre bramisce con gli occhi sbarrati. Nel frattempo la sua parte posteriore si dissolve in un intrico di linee. Questo procedimento allude alla natura mobile, fuggitiva ed imprendibile dell’animale in questione.Il cervo viene rappresentato da Andrey Svetov in collegamento con la simbologia femminile del triangolo rovesciato verso il basso. Fra i palchi delle corna viene messo un glifo che rappresenta la spiga, ciò che cresce per dare nutrimento. Questo segno presso gli antichi slavi rappresentava anche la zampa di gallina, collegata con il culto di Mokosz, divinità degli intrecci, della cura della prole, della poesia, della divinazione (di cui abbiamo già parlato circa alla metà di questo articolo). Il medesimo segno costituisce anche la runa algiz, che rappresenta la possibilità, ciò che è ancora poco chiaro, ma anche la difesa, la protezione e l’autoconservazione.Ien Levin mostra l’armonia fra regno vegetale e regno animale con un maestoso cervo i cui palchi si trasformano nell’ombrello di una pianta di pino marittimo, un sempreverde che rappresenta l’immortalità. Albero consacrato a Zeus, Artemide e Dioniso, il pino è la più antica specie arborea esistente, ed una delle più longeve: in Nevada ne è stato abbattuto uno che aveva 4800 anelli. Un altro cervo di Ien Levin appare con un paesaggio montuoso dentro la testa, mostrando le prospettive incontaminate precluse all’occhio dell’uomo.Un capolavoro di Rafel Delalande sulla tematica della ciclicità del tempo, della notte, del desiderio che rischia ogni volta di distruggere il suo portatore, rappresenta un imponente cervo con tre occhi, due conchiglie a spirale fra i palchi delle corna e una falena, circondata dalle fasi della luna e dal famoso palindromo latino In girum imus nocte et consumimur igni. Come ogni palindromo, questa frase può essere letta anche al contrario. Il suo significato è “Andiamo in giro di notte ed ecco siamo consumati dal fuoco”.
FALENA
La falena è il doppio notturno della farfalla. Rappresenta il desiderio degli esseri umani, la sua natura vitale e nello stesso tempo profondamente pericolosa. La farfalla notturna cerca la luce, si avvicina il più possibile ad essa, sbatte ebbra contro il vetro delle lampadine, ma quando incontra la fiamma, arde su di essa. Lo sbattere delle sue ali è simile al tremolio della fiamma. Per i popoli dell’Asia Centrale, le falene sono gli spiriti dei defunti che tornano a visitarci. La nostra spiegazione simbolica preferita della falena è citata nell’XI albo di Lilith, di Luca Enoch, sotto forma di apologo sufi sulla natura della conoscenza:
Una notte le falene si riunirono, prese dal desiderio di conoscere la candela e la sua fiamma, così bella e affascinante. “Bisogna che qualcuna di noi ci porti notizie della nostra amata”, disse l’anziana. Una falena volò allora sino ad un lontano castello e scorse la fiamma di una candela baluginare dietro una finestra chiusa. Quando tornò, descrisse alle compagne ciò che aveva visto: la bianca forma che si consumava, lo stoppino nero e la fiamma giallastra, la grande zona d’ombra tutta attorno. “Tu hai visto ma non sai nulla della candela”, disse l’anziana. Un’altra esploratrice partì allora per il castello. Trovò una finestra aperta ed entrò nella stanza. Danzò attorno alla fiamma, fremendo per l’eccitazione. Ma al suo ritorno l’anziana disse: “Nulla hai veduto realmente e nulla sai della candela.” Infine, una terza falena si recò al remoto castello e volò sul fuoco a passo di danza. Lei non comprendeva nulla della luce e del calore che l’avvolgevano, non si chiese perché la candela ardesse e si consumasse. Si perse felice nella fiamma, immergendovi il capo e le ali. Le sue membra arsero completamente ed essa assunse lo stesso colore del fuoco, si consumò, si volatilizzò, rimase senza figura e senza corpo. Le sue compagne, non vedendola tornare, capirono ciò che era successo. “Lei ha veramente agito e ha appreso ciò che voleva sapere.” – disse l’anziana- “Ma lei sola può conoscerlo e comprenderlo, nessun altro.”
Ien Levin rappresenta una falena racchiusa in due piramidi trasparenti fuse in un unico solido, simbolo funebre ma anche ascensionale. Levin ritrae anche una Acherontia Atropos, la famosa falena testa di morto resa celebre da Buffalo Bill nel film Il Silenzio degli Innocenti.La falena viene posta in relazione da Andrey Svetov con la falce lunare e con il chevron a spiovente, un altro simbolo femminile, che è anche il glifo di Jumis, il dio precristiano di area slava preposto alla vegetazione, alla crescita delle piante e alla ricchezza dei raccolti.Daniel Meyer rappresenta la falena in molte opere, ponendola in relazione con simboli funebri, come il teschio, la bara, la croce ed altri simboli lunari. In un’opera in particolare il lepidottero è associato a due crisantemi, simbolo di permanenza ed immortalità. Maxime Büchi tatua una grande falena sulle spalle del committente, con grande precisione entomologica.Kelly Violence fa scaturire una falena da dentro una tazza di porcellana fine su cui è appoggiato un tralcio di fragole, che presso gli Objiwa dell’Ontario rappresentano il cibo dei morti. Se lo mangiano, non potranno mai più fare ritorno sulla terra. Ma la falena di Kelly Violence lascia intonso il tralcio di fragole e si libra fuori dal manufatto ceramico. Nell’antichità la ceramica era connessa con il culto della Grande Madre, rappresentava ciò che contiene cibo e nutrimento, che ha forme tonde come il ventre delle donne incinte, che è fatto con la terra da cui crescono i frutti e in cui vengono sepolti i morti in posizione fetale.Matteo Masini raffigura le farfalle notturne evidenziandone le antenne setose, come ornamento sulla gola della committente, in unione con varie fasi lunari, perché le falene si orientano in base alla luna.
AQUILA
L’aquila è un superpredatore imponente con un’apertura alare che può arrivare a due metri e mezzo, simbolo di regalità, forza, egemonia, anche nel linguaggio dei tatuaggi tradizionali sovietici, in cui veniva tatuata sul petto delle autorità criminali (come abbiamo già visto in questo articolo). Una pratica di iniziazione diffusa fra i nativi americani era la danza del sole, in cui gli iniziati venivano appesi ad un palo tramite uncini conficcati fra le loro costole. Le penne d’aquila erano utilizzate in questo rituale, una testa di bisonte sacrificato sulla cima del palo simboleggiava il nido dell’aquila e gli uncini del supplizio erano come i suoi artigli.Valentin Hirsch tatua una grande aquila minacciosa sul petto, inscrivendo una parte del rapace all’interno di un rombo. Il rombo, oltre che figura geometrica, è anche uno strumento musicale utilizzato nelle iniziazioni, che produce un suono simile al tuono. La losanga, o rombo, è simbolo di fertilità, e Hirsch la pone in relazione alla forza dell’aquila. Non a caso questo disegno viene posizionato esattamente sul muscolo cardiaco. Il triangolo sottostante, denso e nero, rafforza il simbolismo relativo all’energia, al fuoco, al sesso maschile.Maxime Büchi colloca l’aquila sempre sul petto, ma in una posizione atipica e vertiginosa, che consente di posizionare le penne delle ali in corrispondenza del collo, in forme ornamentali che spuntano dall’orlo dei vestiti.Ien Levin raffigura un’aquila bicipite, ovvero l’aquila bicefala dei blasoni nazionali. Nella congiunzione delle due teste, in corrispondenza del cuore, viene tatuato un occhio, che rafforza la simbologia relativa allo sguardo potente dell’animale che tutto vede, che può sostenere anche la vista del sole, riscontrabile anche nel tetramorfo dell’evangelista Giovanni. Al tetramorfo potrebbe alludere anche il solido quadrangolare posto sopra le due teste dell’animale, che ha quattro angoli come quattro sono gli animali relativi ai quattro autori del Vangelo.La simbologia evangelica viene rovesciata da Alessandro Florio assieme alla croce che il rapace porta fra gli artigli. Potrebbe far riferimento ad elementi pagani, come l’aquila di Zeus, all’animale guida delle iniziazioni sciamaniche siberiane, oppure più semplicemente all’Anticristo, di cui l’aquila poteva essere figura, in quanto rapace che divora la preda. Florio capovolge un altro uccello rapace non meglio identificato mettendolo in relazione ad un simbolo lunare e ad una losanga nera.
CORVO
Il corvo era oggetto di culto presso le popolazioni nordiche. I guerrieri bevevano il suo sangue e si cibavano delle sue carni prima di andare in battaglia, come pratica apotropaica per evitare che i corvi facessero lo stesso con il loro cadavere rimasto sul campo. Gli etologi sostengono che i corvidi siano fra gli animali più intelligenti della terra. Hugin e Munin, Pensiero e Memoria, i due corvi di Odino, rappresentano il potere della mente, della memoria che raccoglie i dati e del pensiero che li organizza per trovarne il senso. Il corvo rappresenta anche i luoghi oscuri della morte e della depressione nera. La nigredo alchemica era chiamata anche caput corvi, testa di corvo, ma la putrefazione che caratterizzava questa tappa aveva anche valenze positive, in quanto rappresentava l’inizio del processo che avrebbe portato alla trasformazione. I corvi sono animali profondamente ambivalenti: da una parte si cibano di cadaveri, beccano gli occhi e le parti molli delle carogne, dall’altra giocano, accumulano oggetti luccicanti, si mettono addosso un olio di bellezza fatto con formiche schiacciate, utilizzano strumenti per il loro divertimento. Come dimenticarsi del video virale con il corvo che fa snowboard giù da un tetto utilizzando il coperchio di plastica di una bibita, o del tweet della bambina che nutre i corvi al parco tutte le mattine, ed essi le portano in cambio perline, bulloni e piccoli oggetti luccicanti?
Pietro Sedda crea un corvo arborescente, che si trasforma in una pianta piena di radici e rami. Intorno alla sua testa c’è un’aureola e sul suo petto un terzo occhio, che ne fa una creatura sciamanica, radicata in vari mondi, quello vegetale, quello animale e quello dello spirito, del pensiero e dell’intuizione umana.Il corvo di Andrey Svetov si appollaia sulla spalla di una strana figura antropomorfa, che ha il corpo a forma di bottiglia, con all’interno una chiave. Qualcosa di cruciale che può essere recuperato nel profondo solo passando attraverso la distruzione dell’involucro esterno della personalità. Il corvo rappresenta l’istanza che aspetta che la chiave venga recuperata.Nella favola di Esopo, il corvo fa per una volta la figura dello stupido, cadendo vittima degli elogi sperticati della volpe che gli vuole rubare il formaggio, e per farlo loda impropriamente la sua caratteristica peggiore, ovvero la voce. Otto D’Ambra rappresenta la vittima e il carnefice di questa vicenda sul petto di un committente, mentre si scompongono in piani distinti.Kelly Violence raffigura un corvo bendato che si libera da una catena che lo imprigiona, come a simboleggiare l’inizio del processo alchemico di trasformazione.Il corvo di Ien Levin è nel pieno delle sue valenze mortifere, presenta occhi bianchi e si posa sopra ad una mazza ferrata da guerra, mentre dietro di lui splende un sole nero.Daniel Meyer raffigura un corvo con fattezze un po’ legnose, da uccello meccanico, e ne evidenzia una parte con un triangolo rovesciato, che punta verso il basso, verso il regno ctonio della morte. Dentro al triangolo appare l’ossatura dell’animale.
EDGAR ALLAN POE
Edgar Allan Poe è il compagno per eccellenza del corvo. Padre della letteratura dell’orrore, maestro di Baudelaire, campione dell’infelicità esistenziale, della perversione ninfica, dell’ossessione necrofila nei confronti di donne morte, dell’utilizzo compulsivo di oppio, laudano, alcol, Edgar è stato il padre di quel gusto del macabro che tanti accoliti miete in questi anni Dieci del Terzo Millennio. Di Edgar Allan Poe abbiamo già parlato in questo articolo.
Ien Levin lo ritrae in maniera classica, con un primo piano frontale e gli occhi infossati dentro una massa d’ombra.Valentin Hirsch rappresenta Edgar Allan Poe dividendo il suo volto in due, di cui una è la sezione di un muscolo cardiaco che cita l’allucinato racconto Il Cuore Rivelatore. Il cuore rappresenta il motore della macchina del corpo. Il suo battito tradisce le emozioni, l’eccitazione, la paura, il desiderio. Ne Il Cuore Rivelatore Poe si immagina di potersi disfare di quest’organo come della prova di un delitto, ma il tentativo non riesce. Il cuore continua a perseguitare il protagonista fino a che non ne causa la rovina. Sotto al volto di Edgar compare una losanga nera, simbolo negativo di fertilità, in questo caso la fertilità della sua musa nera, cerebrale, distruttiva, coronata da due teste di corvo.Il corvo viene posto sulla testa di Edgar da Kamil Czapiga. Se il corvo simboleggia pensiero e memoria, entrambe queste facoltà possono diventare come corvi famelici che danno beccate furiose.
BALENA
Il più grande mammifero terrestre, con un linguaggio articolato e misterioso che si trasforma in canto, la balena è costantemente in viaggio da una parte all’altra del globo. Nel mito biblico rappresenta il mostro divoratore e salvifico, nel cui ventre si digerisce l’oscurità, ci si libera dal male e ci si prepara ad una nuova vita. Sieberg sostiene che le balene abbiano neuroni ramificati simili ai nostri, e che possiedano i doni di “autoconsapevolezza, compassione ed espressione linguistica.”
Bianco nemico di marinai folli, la balena, con la sua immensa bellezza mozzafiato, può colpire talmente tanto gli esseri umani da diventare emblema di un imprendibile e mortale oggetto del desiderio. O da spingerli a volere con tutte le forze la sua morte.
Se Pietro Sedda dovesse avere un animale guida, questo sarebbe senz’altro la balena. Le opere che Sedda ha dedicato ai cetacei sono molte, spesso incorniciate in camei fatti di corde da marinaio tenute insieme da un teschio. In uno vediamo una balena enorme nell’atto di inabissarsi, mentre sul pelo dell’acqua una nave, piccolissima a suo confronto, si piega e rischia di fare la stessa fine. In un altro due marinai sciagurati affrontano un capodoglio a bordo di una minuscola imbarcazione a remi. Nella nostra opera preferita una balenottera dai possenti fanoni rivela con un cartiglio quello che ha dentro: una casetta su un prato. La balena che si immerge nel più profondo del mare è metafora dei nostri desideri più inconsci ed insondati, del nostro tesoro nascosto, la nostra parte immortale, quella che non annega nemmeno negli abissi.
Svetov pone la balena in relazione al numero 23, che rappresenta il caos, il perturbante, le coincidenze significative, la compenetrazione di divino e demoniaco.Kolahari rappresenta una balena che affiora nello specchio d’acqua davanti ad un piccolo paese, rompendo la tradizione figurativa che vuole questi giganti collocati nel mare aperto, lontano dal mondo degli uomini. Quest’opera potrebbe citare una tradizione favolistica slava, che racconta di come mostri marini siano soliti apparire dentro laghi di montagna, che sono in realtà in comunicazione sotterranea con il mare.Ien Levin tatua un capodoglio con una nave dentro la testa, mostrando il collegamento mnemonico del cetaceo con il nemico che ha cercato di catturarlo ed ucciderlo.Kelly Violence raffigura una balena legata ad un pallone areostatico, un quadro surreale con valenze sia positive che negative. Da una parte c’è la capacità di pescare i propri contenuti psichici più inconsci e di far prendere loro il volo, ma dall’altra c’è anche la distruttività che questa operazione può comportare. La balena attaccata ad un pallone non può fare altro che morire.
CHIAVE
La chiave è un dispositivo magico che apre le porte o che permette di chiuderle, per raccogliersi, separarsi dal mondo, proteggersi dai nemici. Rappresenta il possesso di qualcosa, e quindi il potere. Chi ha le chiavi decide quando aprire e quando chiudere, chi può entrare e chi invece resta fuori. Le chiavi possono essere quelle della porta del Cielo oppure quelle dell’Abisso. La chiave è un elemento mercuriale e sfuggente, rappresenta lo stato intermedio della soglia. Spesso prima di aprire una porta è necessario provare tante chiavi. La chiave simboleggia l’accesso ad un luogo oppure ad uno stato. Serve per proteggere e tenere separati tesori, cose pericolose e segreti.
Kolahari raffigura una chiave doppia, una per il tesoro, l’altra per la stanza proibita di Barbablù. Le due chiavi si intrecciano alla palma della vittoria e alla colonna. La colonna può essere quella del tempio della conoscenza, del palazzo del potere, dello stilita che va a vivere sopra di essa o del condannato al patibolo.Svetov pone la chiave sopra ad una chiocciola, animale ancestrale associato alla luna, alla lentezza, alla sessualità, che porta sempre la sua casa con sé, non avendo in questo modo bisogno delle chiavi. In un’altra opera, Andrey Svetov riproduce sette chiavi appese all’uroboros, sette come le chiavi dell’abisso o come le operazioni del processo alchemico.Ien Levin rappresenta due chiavi incrociate, nelle quali l’impugnatura e l’asta sono fatte di ossa, e fra di loro si vede l’occhio della celebre stampa di Lina Cavalieri ad opera di Piero Fornasetti.
TESCHIO ANIMALE
Il teschio di cavallo rappresenta i segni lasciati da una catastrofe, una pestilenza, una carestia, una desertificazione, che si lascia dietro animali morti sulla strada per incuria o mancanza di risorse. Nell’iconografia demonologica dell’età moderna, soprattutto in relazione con streghe, sabba e rituali necromantici, compare spesso il demone cavallo, ovvero lo scheletro animato di un equino, che viene utilizzato come cavalcatura per recarsi velocemente ai raduni orgiastici o come comparsa che spia le vicende delle streghe. Ien Levin schiera i profili di tre demoni cavalli galoppanti, con criniere al vento.Levin rappresenta anche due teschi equini a far da ali ad una mosca, nero demone guerriero dell’aria, animale simbolo di morte e putrefazione. Il teschio del cavallo diventa per Levin emblema di guerra, con l’aggiunta di sei spade incrociate. Il cavallo è stata la prima macchina da guerra e il primo status symbol. Il suo possesso, assieme alla padronanza della lavorazione dei metalli, ha marcato la prima divisione fra classi nei gruppi umani.In una raffigurazione più cruda, Rafel Delalande rappresenta una testa di cavallo scorticata, in cui si vedono ossa, occhi e fasce muscolari.Kelly Violence rappresenta teschi di piccoli predatori circondati da rose, con la stessa simbologia delle calavere del Dias de los Muertos, le cui orbite nere circondate dai petali dei fiori rappresentano la vita che scaturisce dalla morte e la vegetazione che cresce rigogliosa in corrispondenza delle sepolture. Andrey Svetov rappresenta tre bucrani, simbolo di fertilità, omologo per forma alla visione frontale dell’apparato genitale femminile, con canale vaginale e cervice che corrispondono al muso, utero che corrisponde al cranio e tube di Falloppio e ovaie che corrispondono alle corna.Anche Matteo Masini propone un bucranio, in unione con simboli geometrici e glifi femminili, come il chevron, la losanga e il cerchio.
Daniel Meyer innesta due palchi di corna di cervo, come abbiamo visto simbolo di morte e rinascita, sul cranio di un uccello, che rappresenta la forza che accompagna le anime dei morti nell’aldilà.
OSSA UMANE
Le ossa sono ciò che rimane dell’uomo dopo la morte. I resti umani sono come gli oggetti umani, rimangono nel mondo dopo la morte di chi le aveva dentro o di chi li ha creati e posseduti. La materia più resistente del corpo ha portato i nostri progenitori alla riflessione sull’esistenza di qualcosa di immateriale, altrettanto resistente alla putrefazione, ovvero il doppio, lo spirito, l’ombra.
Il torace è lo scrigno che contiene tutti i gioielli necessari al funzionamento della macchina del corpo. Sembra un’armatura, uno strumento per fare musica. Ci aiuta nei processi respiratori, nel modulare il suono della voce e quello degli strumenti a fiato. Assieme al cranio e alla spina dorsale, costituisce uno degli apparati ossei esteticamente più belli del corpo. Kelly Violence rappresenta il torace come un gioiello, all’interno del quale sta una bellissima rosa.Anche Ien Levin pone dentro alla gabbia toracica una rosa, a sostituzione degli organi, mentre le ossa del bacino si sviluppano in un’ala di farfalla, l’insetto più simile a livello estetico a queste ossa, nonché simbolo transculturale dell’anima, che si sovrappone alla struttura ossea che sostiene e racchiude lo sviluppo del feto.Matteo Masini raffigura una composizione di ossa formata da bacino, femori e un paio di grandi corna di stambecco. Le corna sono simbolo di saggezza, potenza e regalità. Compaiono nell’iconografia della dea Hathor, del dio Dioniso, dell’Agnello dell’Apocalisse, in quella di Mosè e di Alessandro Magno, che chiese di farsi rappresentare con questo attributo. Spesso sono un simbolo femminile della sfera lunare, per la forma che assume lo spicchio di luna. Nell’opera di Masini hanno sicuramente questa valenza, che viene ribadita dagli altri simboli femminili, la losanga, il triangolo con la punta rovesciata in giù e soprattutto il chevron, ovvero la doppia V sovrapposta, utilizzata come simbolo della Grande Madre fin dal Paleolitico Superiore.Kamil Czapiga raffigura una cassa toracica con chiaroscuri netti e definiti appena sopra il gomito del committente.Una delle prime manifestazioni culturali della storia della specie umana è stata il culto dei crani dell’uomo di Neanderthal. Il teschio compare ai piedi della croce sul Golgota, fra le mani del primo antieroe nerovestito della Modernità, ovvero il necrofilo, narcisista, troppo lucido Amleto. L’ex prostituta Maddalena è raffigurata nell’atto di fissare un teschio, ultimo ricordo del suo più grande amore. Simbolo dell’illegalità minacciosa ed ultraviolenta dei pirati, comparsa desublimante nel paradiso dell’Arcadia, il teschio ci ricorda che tutto quello che amiamo è destinato alla morte e alla sparizione, noi compresi.Massimo Gurnari raffigura due teschi all’interno di un sistema simbolico composto da un occhio, una mano e un libro. L’ occhio rappresenta la capacità di vedere le cose, di raccogliere dati, di conoscere, di mostrare forza e sicurezza, il libro simboleggia il mondo e i suoi segreti, la memoria, la condivisione, la trasmissione del sapere, mentre la mano è simbolo della facoltà di manipolare la realtà circostante e di piegarla al proprio volere tramite l’esercizio del lavoro. In questo tatuaggio, tutta la ruota del percorso conoscitivo umano è scandita dal tempo che passa sulle lancette dell’orologio e si risolve comunque nella morte, rappresentata dai due teschi.Valentin Hirsch divide il teschio in una metà canonica e in un’altra in cui si vede una geometria solida piena di asperità, come se uno fosse il residuato del corpo mentre l’altra quello della mente. Questo duplice teschio viene indicato da una mano che scende da un medaglione raffigurante profondità siderali, che sembra mostrare in questo modo il mistero della natura umana.Ien Levin mette il teschio in relazione con una stella a sei punte, il Sigillo di Salomone che rappresenta il legame di spirito e materia, e due lance fatte con pietre amigdale. Gli strumenti utensili creati dall’ingegno umano servivano a sostenere la vita del gruppo mediante l’approvvigionamento di carne animale. Presto però questi strumenti offensivi si sono rivoltati contro il loro creatore, portando alla nascita della guerra.Pietro Sedda mostra un teschio dalle cui orbite scaturisce il fantasma di una figura femminile, con occhi grandi e belli e pettinatura da diva, a ricordarci che ogni teschio che osserviamo forse un giorno è stato una persona di grande bellezza.Matteo Masini rappresenta un teschio privo di un dente, perso probabilmente in una vertiginosa collisione, con una fascia sulla fronte su cui è scritto Ride Fast, aggiornamento rock ‘n’ roll del vecchio Memento Mori.Rafel Delalande raffigura molti teschi, uno che si apre mostrando la presenza di uno spirito nel guscio, un altro alato e incoronato come avrebbe desiderato ogni criminale russo autorevole, un altro ancora chiaroscurato e naturalistico, che sembra uscito da un’opera caravaggista.
Andrey Svetov pone il teschio in unione con il regolo da costruttore, simbolo dell’artefice dell’universo e, in questo caso, della superbia umana, con la velleità costruttrice che si scontra con la caducità. In un’altra opera Svetov mette il teschio dentro a una conchiglia, come una perla, in un’opera che riunisce il polo della morte e quello della generazione. Le conchiglie, nel rituale kula studiato da Malinowski nelle isole del Pacifico occidentale, rappresentano la fecondità dei morti.
CUORE
Il cuore rappresenta la vita stessa, l’emotività, il nocciolo pulsante del corpo, il centro e la verità. Il peso del cuore era ciò che assegnava il destino nell’Aldilà egizio. Le civiltà precristiane lo vedevano come la sede dell’intelligenza e dell’intuito, quelle precolombiane come unico garante della rinascita del sole, motivo per cui lo strappavano dal petto delle vittime sacrificali.
Valentin Hirsch propone un ex voto anatomico, con il cuore incastonato fra due corna di cervo, simbolo delle periodiche morti e rinascite emotive, provvisto di radici profonde e nere. In un’altra rappresentazione il cuore viene sorretto dalla proboscide di un elefante, animale totemico di memoria e saggezza.Il sacrocuore di Rafel Delalande è trapassato da parte a parte con un coltello e compare assieme al ringraziamento per il dolore dato dalla coltellata, che si trasformerà col tempo in cicatrice coriacea. Un altro lavoro vede il cuore incuneato nel corpo da un fitto reticolo di vene nere che sembrano radici sotterranee. Sopra di esso è appollaiato un corvo, che urla nel momento in cui un coltello a serramanico gli trapassa la gola.
Marco Matarese mette un cuore anatomico fra i fiori del papavero che produce l’oppio, la sostanza che seda ogni tipo di dolore. Leggiadri uccellini vengono a bere il nettare dai papaveri e il sangue dal cuore.Kolahari raffigura un muscolo cardiaco che culmina nella tromba di un grammofono, indicando la capacità del cuore di produrre musica, sia emotiva che fisica, con il battito che cambia a seconda degli stimoli. Un altro cuore di Kolahari si configura come un paesaggio, una cittadella, per indicare la forte carica affettiva, nel bene e nel male, che ciascuno ha nei confronti del proprio luogo d’origine.Pietro Sedda crea un grandioso cuore che si innesta con due animali, il gufo e il cinghiale. Gemello notturno dell’aquila, il gufo è un predatore silenzioso, dalla vista molto acuta e dal richiamo arcano. Accompagna la dea della saggezza Atena, è capace non soltanto di vedere, ma anche di vivere nel buio. Rappresenta il soldato che vigila e lo studioso che passa la notte sui libri. Come nei manufatti sacri del Neolitico, anche nell’opera di Sedda il gufo si associa con l’occhio onnivedente. Il cinghiale rappresenta le virtù guerriere, viene associato a Marte, Ercole, Freyr, ed è un simbolo di autorità spirituale. Unendo questi molteplici simboli, Pietro Sedda crea un emblema, un amuleto da portare sul petto, che rappresenta saggezza, intuito, forza e capacità creativa.
Il cuore viene rappresentato sia da Kelly Violence che da Otto D’Ambra come un albero. Kelly Violence mostra una perfetta integrazione fra i rami nodosi, le radici, i capillari e i ventricoli del muscolo cardiaco, mentre D’Ambra evidenzia in un’opera le radici del cuore, in un’altra le sue ramificazioni sontuose, su cui si altri esseri viventi possono riposare e fare il nido. In un altro tatuaggio di D’Ambra il cuore si dota di un rudimentale ma efficace dispositivo di volo, che sembra uscito da un film di Hayao Miyazaki.
Massimo Gurnari pone sul muscolo cardiaco il sole, simbolo di vita, ricchezza e conoscenza intellettuale. Gli Aztechi consideravano il cuore come l’organo più prezioso, l’unico degno di essere offerto in sacrificio al dio del sole. Un altro cuore di Gurnari viene ammonito per la sua salute con l’esortazione “Stai calmo”.In un’opera di Andrey Svetov il cuore compare legato da una corda, alludendo ai legami affettivi, al fatto che sono qualcosa che tiene insieme e nello stesso tempo imprigiona. In un altro lavoro il cuore viene innestato sul simbolo generativo della conchiglia.Kamil Czapiga mostra il cuore trapassato da una spada, in posizione anatomicamente corretta in mezzo al torace.
I due articoli che abbiamo pubblicato sul Gothic Blackwork sono relativi a quindici tatuatori, che abbiamo analizzato sia nelle loro peculiarità specifiche che nei temi figurativi condivisi. Ovviamente è uno sguardo parziale che non può includere tutti gli esponenti di questo stile. Molti artisti, alcuni dei quali eccezionali, sono rimasti fuori da questo punto di vista, per forza di cose circoscritto. Se i due articoli dovessero confluire in un’eventuale pubblicazione cartacea, avremo cura di estendere il radar del nostro lavoro a 360°. Stay tuned!
Bibliografia
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